martedì 19 luglio 2016

I volontari all’inferno

La Chiesa non manda nessuno all’inferno: ci vanno i volontari
 
 
 
 
Abbiamo codeste settimane inteso dire: «La perfezione che Gesù indica è quella contenuta nel brano del giorno del Vangelo di Matteo 5,43-48: “Avete inteso che fu detto: ‘Amerai il tuo prossimo’ e odierai il tuo nemico. Ma io vi dico: amate i vostri nemici e pregate per quelli che vi perseguitano”. È l’ultimo scalino di questa strada, il più difficile». Francesco ricorda che da ragazzo, pensando a uno dei grandi dittatori dell’epoca, si era soliti pregare che Dio gli riservasse presto l’inferno … [1]
 
Come Dio – che ha mandato nel mondo il suo Figlio Gesù perché tutti gli uomini credendo in lui siano salvi – non vuole l’Inferno, così non lo vuole la Chiesa, perciò, questa affermazione: “… si era soliti pregare che Dio gli riservasse presto l’inferno …“, è un falso ignominioso, che non si riscontra in nessuna liturgia, in nessuna “preghiera dei fedeli”, in nessun breviario neppure della mia remota giovinezza. Non diciamo falsa l’esperienza personale di chi ha enunciato la frase, e non sappiamo a quale comunità si riferisca, ma di certo non era cattolica perché la Chiesa con il suo catechismo, non ha mai insegnato a pregare perché qualcuno vada all’inferno… quantunque, sia chiaro, sarebbe a certe viste umane cosa laudevole per taluni casi scandalosi. Ma il nostro sguardo non è quello di Dio
 
Parmi esserci, evidentemente,  una ossessione di fondo che, accompagnando certe persone nella loro crescita, non proviene però dall’insegnamento cattolico, e infatti abbiamo ancora inteso dire:
 
«… quando ero bambino, nella mia famiglia si respirava una certa tradizione puritana; non era fondamentalista, ma era su quella linea. Se qualche vicino divorziava o si separava, non si entrava più in casa sua; si credeva quasi che i protestanti andassero tutti all’inferno. Però mi ricordo che una volta ero con mia nonna, una grande donna, e in quel momento passarono due volontarie dell’Esercito della Salvezza. Io, che avevo cinque o sei anni, le chiesi se erano suore, dato che avevano quella cuffietta che usavano una volta. Lei mi rispose: “No, sono protestanti, però sono buone”. Ecco la saggezza della vera religione: erano donne buone che facevano del bene. Un’esperienza in contrasto con la formazione puritana che si riceveva da altre parti.»[2]
Ecco, per l’appunto “nella sua famiglia”, non nella Chiesa Cattolica.
 
Da questa esperienza personale si può comprendere anche certa ossessione, oggi, contro un mondo tradizionalista (non parliamo di frange estremiste) nella Chiesa, che troppo fedele alla dottrina, viene continuamente bacchettato, o commissariato, e contro il quale ci si scaglia attraverso affermazioni atte a mandare più messaggi cifrati, che non a svolgere una vera catechesi. Del resto, a riguardo di certa rivoluzione dottrinale, ci informava placidamente Scalfari, il quale ebbe a dire, senza mai essere stato smentito nonostante il clamore suscitato dalle sue parole, che la vera rivoluzione di questo nuova chiesa sta in: “un Dio che non giudica ma solo perdona. Non c’è dannazione, non c’è inferno”. [3]
 
Purtroppo, alcuni novatores, tra cui i gesuiti Karl Rahner e volendo Hans Urs von Balthasar che molte volte ebbi nel secolo scorso a colazione, nel gesuitizzare la Chiesa, hanno accusato ingiustamente quella “del passato” di aver addirittura terrorizzato le persone, usando l’inferno come una specie di “spauracchio”. Accusa, questa, che sembra oggi di moda nella pastorale novatrice. Eppure Santa Faustina, la “segretaria della Divina Misericordia” – la quale visitò l’inferno accompagnata dal suo Angelo custode – ci racconta nel suo Diario che «la maggior parte delle anime che ci sono, sono anime che non credevano che ci fosse l’inferno», senza dimenticare l’esperienza orrenda dei tre Pastorelli di Fatima.
 
Qual è ordunque la vera catechesi? La tragica verità è che è l’uomo a scegliere l’Inferno: lo “crea” già su questa terra quando rifiuta Dio e la sua legge naturale, quando opprime i poveri, ed impone leggi vessatorie; quando rifiuta definitivamente Dio nell’ora della morte. Non è affatto nella “cattiveria” di un Dio ingiusto e vendicativo che bisogna cercare la causa dell’Inferno, ma nel peccato originale e nelle sue conseguenze quando l’uomo rifiuta Colui che è venuto a salvarci da questa causa di male, Gesù Cristo nostro salvatore.
 
La Chiesa cattolica, nostra Madre, in tutta la sua storia, ha predicato l’Inferno proprio per stornare gli uomini dalla perdizione eterna. Certo, siamo coscienti che talvolta l’ha fatto, attraverso i suoi predicatori, insistendo sul timore dell’Inferno, con danno – dicono oggi i modernisti – dell’equilibrio dell’annuncio evangelico, che è essenzialmente annuncio dell’amore di Dio per gli uomini e della sua volontà che tutti siano salvi, aderendo con la fede e la carità al Signore Gesù e partecipando così alla sua vita eterna, ma che contiene anche la minaccia della perdizione eterna.
 
Tuttavia oggi si è andati all’eccesso opposto, sicché nella predicazione e nella catechesi non si parla più dell’Inferno, e se si parla lo si fa in modo distorto, anche patetico, promettendo uno svuotamento finale, oppure attribuendo sempre alla Chiesa eccessiva rigidità, ma tutto ciò con grave danno del popolo cristiano e non, che in tal modo non è più posto dinanzi alla tremenda possibilità reale di perdersi e quindi non è messo dinanzi all’urgenza di decidersi per la vera conversione, per Gesù Cristo e di vivere in conformità col Vangelo e i comandamenti, resistendo fieramente al peccato e al male, che ne minaccia il destino eterno.
 
Senza dubbio che il messaggio cristiano è un messaggio di speranza, di gioia e di fiducia nell’amore infinito di Dio Padre e di Cristo Salvatore, ma proprio per questo non si può nascondere all’uomo che l’alternativa, cioè al rifiuto di questo messaggio, c’è l’inferno e che è eterno. Non si deve dimenticare che l’uomo è debole e peccatore, e che ha sempre bisogno di essere chiamato alla conversione.
 
Infatti il chiarissimo monito di Cristo, “Convertitevi e credete al Vangelo” (Mt 1,15), rimanda subito ad una domanda semplice: “perché devo convertirmi al vangelo? cosa mi cambia? che cosa mi minaccia? se non mi converto cosa mi succederà?”. Codeste sono le domande che la Chiesa, in quanto Madre amorevole ha sempre proposto ai suoi figli, battezzati e non, perché la sua vera maternità non riguarda solo i figli rigenerati nel Battesimo, ma anche le pecorelle ancora disperse. Gesù parla di un cammino “che conduce alla perdizione” e di una via che “conduce alla vita” (Mt 7,13-14); gli fa eco Paolo quando afferma che coloro che non obbediscono al Vangelo “saranno castigati con una rovina eterna, lontano dalla faccia del Signore e dalla gloria della sua potenza” (2Ts. 1,9), nessuno sfuggirà al “giudizio di Dio”, il quale “giudicherà i segreti degli uomini” (Rm. 2,3-16), poiché “tutti ci presenteremo al tribunale di Dio” e “ciascuno di noi renderà conto a Dio di se stesso” (Rm.14,10-12).
 
Fummo presenti allorquando, in una udienza, La Santità di Nostro Signore il Romano Pontefice Benedetto Decimo Sesto, affermò:
 
E’ venuto Gesù per dirci che ci vuole tutti in Paradiso e che l’inferno, del quale poco si parla in questo nostro tempo, esiste ed è eterno per quanti chiudono il cuore al suo amore”. Anche in questo episodio, dunque, comprendiamo che il vero nostro nemico è l’attaccamento al peccato, che può condurci al fallimento della nostra esistenza. Gesù congeda la donna adultera con questa consegna: “Va e d’ora in poi non peccare più”. Le concede il perdono affinché “d’ora in poi”… non pecchi più.
 
In un episodio analogo, quello della peccatrice pentita che troviamo nel Vangelo di Luca (7,36-50) Egli accoglie e rimanda in pace una donna che si è pentita. Qui, invece, l’adultera riceve il perdono in modo incondizionato. In entrambi i casi – per la peccatrice pentita e per l’adultera – il messaggio è unico. In un caso si sottolinea che non c’è perdono senza pentimento; qui si pone in evidenza che solo il perdono divino e il suo amore ricevuto con cuore aperto e sincero ci danno la forza di resistere al male e di “non peccare più”. L’atteggiamento di Gesù diviene in tal modo un modello da seguire per ogni comunità, chiamata a fare dell’amore e del perdono il cuore pulsante della sua vita.” [4]
 
La Chiesa prega Dio (e lo ha sempre fatto) per la salvezza di tutti e affida alla misericordia infinita di Dio i suoi figli peccatori: può dunque sperare nella loro salvezza, ma non ha alcuna certezza che tutti si salvino. Non ha mai affermato che uno si sia di certo dannato, e non può dire che nessuno si danna. La Commissione Teologica Internazionale nel suo documento ufficiale riguardante l’escatologia (1992) ha affermato: “poiché l’Inferno è una vera possibilità reale per ogni uomo, non è lecito, sebbene lo si dimentichi talora nella predicazione durante le esequie, presupporre una specie di automatismo della salvezza”, per questo parliamo di “suffragi”, nella speranza che l’anima si salvi, ma restano chiari i moniti del vangelo: «Uno solo è buono. Se vuoi entrare nella vita, osserva i comandamenti» (Mt 19, 17); «Nessuno è buono, se non Dio solo. Tu conosci i comandamenti: Non uccidere, non commettere adulterio, non rubare, non dire falsa testimonianza, non frodare, onora il padre e la madre» (Mc 10, 18-19). E nostro Signore Gesù Cristo, a chi non rifiuta la sua verità e la sua grazia, ha promesso l’ingresso nel suo Regno, che non è opera dell’uomo e non risponde a logiche temporalistiche, come Egli stesso ha affermato perentoriamente davanti al procuratore romano, rappresentante allora del potere politico (Gv.18,33-37). Pertanto non è neppure onesto affermare, come si fa oggi, che basta essere “buoni” per salvarsi.
 
… Anche perché della “bontà” secondo l’intendimento dell’uomo, la via vecchia esistenza sta a testimoniarne la fallacia, se non la perfidia; al pari della “pace” degli uomini – anziché di Dio – che viene salmodiata in congreghe che del pervertimento d’ogni sorta, hanno fatto bandiera.
 
In Nomine Patris et Filii et Spiritus Sancti!
 
[1] Omelia del mattino del 14 giugno 2016

[2] Il Cielo e la Terra, Abraham Skorka e Jorge Mario Bergoglio

[3] La svolta di Francesco, a cura di Sandro Magister del 3 ottobre 2013

[4] Benedetto XVI, Omelia del 25 marzo 2007
 

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