venerdì 22 maggio 2015

selfie del clero (alto, altissimo e basso)

Vanità clericale



La vanità clericale non ha veramente mai fine. A parte chi tende a rendere la liturgia uno show per mostrare se stesso, a parte la moda dei selfie che oramai ha contagiato anche il clero per cui non passa momento in cui, come ragazzini adolescenti, alcuni spediscono immagini al cui centro ci sono sempre loro, qualcuno inizia a superare i suoi colleghi credendosi in un empireo al di sopra di tutti, talmente elevato nobiliarmente da esigere, da qualche fedele, l'eredità dei suoi beni auspicandone la morte il più rapidamente possibile.


Gesù Cristo, che indica nei vangeli la perfezione nella piccolezza e umiltà dei fanciulli, è bell'è che dimenticato!


Al contrario, ricordo un archimandrita greco (ora vescovo) il quale, per quanto grezzo, aveva un senso profondo della realtà tale da far scendere qualche suo collega dalle nuvole. Egli a chi aveva arie di nobiltà diceva: «Ma che arie ti dai? Non vedi che quando noi [preti] passiamo per strada la gente si tocca i genitali?».

Padre Paissios, da poco canonizzato, oltre a sottolineare che oggigiorno le persone hanno perso la vera nobiltà d'animo (che un titolo o una semplice presunzione di se stessi certo non conferisce), affermava di sè d'essere una puzzolente scatola di calamari buttata via che da lontano, illuminata dal sole, poteva essere scambiata per un oggetto d'oro.

Un santo si paragona alla spazzatura, chi santo non è si sente al centro dell'universo fino al punto da disprezzare il prossimo. È sempre la stessa storia!



L'umiltà benedetta è l'ultima cosa a cui si volgono coloro il cui animo è talmente gonfio di sé da non poterla contenere ...

http://traditioliturgica.blogspot.it/2015/05/vanita-clericale.html

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