giovedì 25 settembre 2014

verso la condanna eterna

In quell’arresto

c’è un "mai più"

Penitenza: "percorso di guarigione". Perchè la malattia non devasti tutto il corpo. Ed esige il pentimento e la riparazione. Altrimenti si può giungere anche alla condanna eterna, che spetta alla giustizia divina. Si usa il bisturi, perché gli abusi sono "un culto sacrilego" che lascia cicatrici per tutta la vita, una "terribile oscurità". Ora la Chiesa ha tutti gli strumenti per vigilare, prevenire e pure colpire, senza se e senza ma
Bruno Cescon


“È il nostro percorso di guarigione”, la tolleranza zero, anzi di nessuna possibile omissione da parte della Chiesa nei confronti degli abusi sessuali sui minori compiuti da membri del clero. Ma si poteva immaginare che quel percorso “nel quale non ci saranno figli di papà”, ossia “non ci sono privilegi” portasse sino agli arresti di un ex nunzio in Vaticano?

Sì, è un evento scioccante, che denuncia un reato e un peccato gravissimi. Se non ci fosse stato il caso di Paolo Gabriele, il domestico di Papa Ratzinger che passava carte segrete alla stampa, non avremmo neppure più immaginato che dentro le mura della Santa Sede vi fossero ancora delle carceri.

Si tratta di una decisione che, in ultima analisi, dopo il processo canonico che già ha condannato il prelato, viene dalla misericordia. Perché la misericordia non può lasciare che la malattia devasti tutto il corpo. La pedofilia è “una lebbra che c’è nella Chiesa e colpisce anche i vescovi”. E allora la lebbra si cura anche con il bisturi, perché gli abusi sono “un culto sacrilego” che lascia cicatrici per tutta la vita, una “terribile oscurità”.

Il perdono cristiano parte dall’accusa del male, dal riconoscimento del peccato commesso. Esige il pentimento e la riparazione. Comprende anche la condanna eterna, che spetta alla giustizia divina. A noi uomini tocca il compito di esercitare la giustizia terrena. Impegno di giustizia e di denuncia da cui non va esente la Chiesa, nessuna diocesi, nessun credente e nessun uomo che sia a conoscenza di abusi.

E' chiaro. La giustizia della Santa Sede interverrà senza sconti a chicchessia. Poi vi sarà probabilmente l’azione penale di altri Stati. La Chiesa si è data un nuovo diritto penale severo che ha recepito anche le norme internazionali, ma soprattutto ha deciso di perseguire quei “figli che hanno tradito la loro missione” o, Dio non permetta, che tradiranno la loro missione.

Ora la Chiesa a livello di ogni singola nazione (Italia compresa) ha tutti gli strumenti per vigilare, prevenire e pure colpire, senza se e senza ma, i trasgressori. Il suo impegno significa un netto “mai più”. Certo il male è così subdolo, prepotente e travolgente, forse sostenuto da qualche lobby, che fin da ora occorre invocare la forza che viene dall’Alto.

Forza che è necessario impetrare perché lo scandalo provocato non ferisca talmente alcuni credenti da rifiutare Dio e allontanarsi dalla Chiesa e dallo stesso Vangelo. No! Per i cristiani il male, le tenebre come nella settimana santa durano poco, tre giorni. Poi Cristo ribalta la pietra del sepolcro. Quel sepolcro, che si è aperto per una ingiusta condanna, per un accumulo di dolore e di cattiveria abbattutasi sul Crocifisso, viene dischiuso dalla forza della risurrezione, del Risorto.

Wesołowski arrestato Un'analisi giuridica
di Giancarlo Cerrelli

La notizia dell’arresto dell’ex nunzio Mons. Józef Wesołowski ha ricevuto molto risalto sui mezzi di comunicazione.
L’iniziativa volta a limitare la libertà personale di un alto prelato - e per giunta - per opera di organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano, non è cosa che accade tutti i giorni. Questa vicenda, tuttavia, può portare, chi non è un cultore del diritto canonico, a cedere a interpretazioni equivoche sulla vicenda, giungendo, così, probabilmente a conclusioni non conformi alle disposizioni dell’ordinamento canonico. Brevemente, pertanto, partendo dai fatti, cercherò di spiegare che gli organi giudiziari dello Stato Vaticano hanno potuto procedere penalmente al fermo dell’alto prelato, perché cittadino vaticano in quanto membro del servizio diplomatico.

Veniamo dunque ai fatti. Il Promotore di Giustizia del Tribunale di prima istanza dello Stato della Città del Vaticano (figura che potremmo assimilare al nostro pubblico ministero) ha convocato il 23 settembre scorso, l’ex nunzio Mons. Józef Wesołowski, di nazionalità polacca a carico del quale aveva avviato un’indagine penale. Al prelato – che già era stato condannato in prima istanza dalla Congregazione della Dottrina della Fede alla riduzione allo stato laicale al termine di un processo amministrativo penale canonico - sono stati notificati i capi di imputazione del procedimento penale avviato a suo carico per gravi fatti di abuso a danni di minori avvenuti nella Repubblica Dominicana.

La gravità degli addebiti ha indotto, dunque, l’Ufficio inquirente a disporre un provvedimento restrittivo nei suoi confronti, che, alla luce della situazione sanitaria dell’imputato, consiste negli arresti domiciliari. L’iniziativa assunta dagli organi giudiziari dello Stato Vaticano è stata voluta espressamente dal Papa.

Quali norme hanno indotto le autorità vaticane a disporre quest’eccezionale provvedimento nei confronti dell’ex nunzio Mons. Józef Wesołowski? Bisogna fare una chiara distinzione tra le norme penali canoniche che sono rivolte a tutti i battezzati e che comminano sanzioni di tipo medicinale o espiatorio, dalle norme previste dal codice penale dello Stato della Città del Vaticano.

Iniziamo dal codice canonico.
Il Codice di Diritto Canonico promulgato dal Papa Giovanni Paolo II nel 1983 ha rinnovato la disciplina in materia di condotte sessuali inappropriate del clero relative a minori, e al can. 1395, § 2 sancisce: “Il chierico che abbia commesso altri delitti contro il sesto precetto del Decalogo, se invero il delitto sia stato compiuto con violenza, o minacce, o pubblicamente, o con un minore al di sotto dei 16 anni, sia punito con giuste pene, non esclusa la dimissione dallo stato clericale, se il caso lo comporti”. Giovanni Paolo II decise di includere l’abuso sessuale di un minore di 18 anni commesso da un chierico nel nuovo elenco di delitti canonici riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede. La prescrizione per questi casi venne fissata in 10 anni a partire dal compimento del 18° anno di età della vittima.

Il 30 aprile 2001, tuttavia, sono state promulgate con Motu proprio Sacramentorum sanctitatis tutela, le Normae de gravioribus delictis Congregazioni pro Doctrina Fidei reservatis, che hanno tipizzato il delitto di pedofilia commesso da un chierico verso un minore di 18 anni di età, come uno dei delitti gravi contro la morale riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede, in base all’art. 52 della Costituzione Apostolica Pastor Bonus sulla Curia Romana del 28 giugno 1988.

A distanza di nove anni e precisamente il 21 maggio 2010, la Congregazione per la Dottrina della Fede, nell’intento di migliorare l’applicazione della legge, ha ritenuto necessario introdurre alcuni cambiamenti a queste norme, senza, tuttavia, modificare il testo nella sua interezza, ma solo in alcune sue parti. Ci interessa, per il caso in esame, l’articolo 6 di questa legge speciale, che dispone che i delitti più gravi contro i costumi, sono riservati al giudizio della Congregazione per la Dottrina della Fede e tra questi vi è “il delitto contro il sesto comandamento del Decalogo commesso da un chierico con un minore di diciotto anni”. Lo stesso articolo al § 2 afferma che il chierico che compie i delitti di cui al § 1 sia punito secondo la gravità del crimine, non esclusa la dimissione o la deposizione. Lo stesso articolo afferma che i delitti più gravi contro i costumi sono riservati alla Congregazione per la Dottrina della Fede.

Da queste disposizioni verifichiamo che la pena canonica può giungere fino alla riduzione allo stato laicale, cosa che è avvenuta per Mons. Wesołowski. Ribadiamo che la competenza funzionale stabilita dall’art. 1 delleNormae de gravioribus delictis Congregazioni pro Doctrina Fidei reservatis, in presenza dei delitti più gravi commessi contro i costumi per mandato del Romano Pontefice è attribuita alla Congregazione per la Dottrina della Fede che ha il diritto di giudicare i Padri Cardinali, i Patriarchi, i Legati della Sede Apostolica, i Vescovi, nonché le altre persone fisiche di cui al can. 1405 § del Codice di Diritto Canonico.

È da distinguere, tuttavia, dalla pena canonica intesa come pena medicinale, o espiatoria, la pena detentiva comminata dagli organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano. Questo ha un ordinamento giuridico che prevede al suo interno anche un codice penale, che prevede, per alcuni reati, tra cui quello di cui è ritenuto colpevole l’ex Nunzio, anche la pena detentiva.

I competenti organi giudiziari dello Stato della Città del Vaticano esercitano la giurisdizione penale in ordine:
a) ai reati commessi contro la sicurezza, gli interessi fondamentali o il patrimonio della Santa Sede;
b) ai reati indicati:
- nella Legge dello Stato della Città del Vaticano n. VIII, del 11 luglio 2013, recante Norme complementari in materia penale;
- nella Legge dello Stato della Città del Vaticano n. IX, del 11 luglio 2013, recante Modifiche al codice penale e al codice di procedura penale.
Reati commessi da:
a) i membri, gli officiali e i dipendenti dei vari organismi della Curia Romana e delle Istituzioni ad essa collegate;
b) i legati pontifici ed il personale di ruolo diplomatico della Santa Sede;
c) le persone che rivestono funzioni di rappresentanza, di amministrazione o di direzione, nonché coloro che esercitano, anche di fatto, la gestione e il controllo, degli enti direttamente dipendenti dalla Santa Sede ed iscritti nel registro delle persone giuridiche canoniche tenuto presso il Governatorato dello Stato della Città del Vaticano;
d) ogni altra persona titolare di un mandato amministrativo o giudiziario nella Santa Sede, a titolo permanente o temporaneo, remunerato o gratuito, qualunque sia il suo livello gerarchico.

Pertanto possiamo concludere affermando che, arrestando mons. Wesołowski, gli organi vaticani, non hanno fatto altro che applicare la legge prevista dall'ordinamento dello Stato di cui il Papa è capo.

Nessun commento:

Posta un commento