lunedì 30 settembre 2013

GRANDE PUTIN

                Cosa ha detto Putin a Valdai


Se qualcuno avesse detto, quando avevo vent'anni, 

che la russia nel 2013 sarebbe stato l'unico paese europeo 

a riconoscere e difendere le sue radici cristiane, 

l'avrebbero fatto rinchiudere in un manicomio...

ma poi ricordo Fatima.

Maurizio Blondet 26 Settembre 2013 

I media occidentali hanno trovato degna di nota solo la battuta sarcastica su Berlusconi: «Lo processano perché va a donne. Fosse stato omosessuale, non avrebbero alzato un dito contro di lui». Ma Vladimir Putin, nel forum di discussione Valdai (1) con l’intervento di personalità internazionali (c’era anche Romano Prodi), ha detto ben altro. Ha affrontato il tema della crisi fondamentale di civiltà che devasta l’Occidente, e delle forze spirituali cui la Russia deve attingere, trovandole in sé, per difendersene. Si capisce che è un livello di temi e di linguaggio che i giornalisti occidentali stentano a capire, ne sono al disotto. Ecco alcuni passi del discorso:

 «Oggi ci occorrono nuove strategie per preservare la nostra identità in un mondo che cambia rapidamente, un mondo che è diventato più aperto, trasparente ed interdipendente. Questo fatto sfida praticamente tutti i popoli e i paesi in un modo o nell’altro, russi, europei, cinesi ed americani – le società di tutti i paesi, di fatto.

(...) Per noi (parlo dei russi e della Russia) le domande sul chi siamo e chi vogliamo essere sono sempre più in primo piano. Ci siamo lasciati alle spalle l’ideologia sovietica, e non c’è ritorno. Chi propone un conservatorismo fondamentale, e idealizza la Russia pre-1917, sembra ugualmente lontano dal realismo, così come sono i sostenitori di un liberalismo estremo, all’occidentale.

 È evidentemente impossibile andare avanti senza auto-determinazione spirituale, culturale e nazionale. Senza questo, non saremo capaci di resistere alle sfide interne ed estere, né riusciremo nella competizione globale. Oggi vediamo una nuova tornata di questa competizione, centrate sull’economico-tecnologico e sull’ideologico-informazionale. I problemi militari e le condizioni generali stanno peggiorando. Il mondo diventa più rigido, e spesso scavalca non solo il diritto internazionale, ma anche l’elementare decenza».

 Ogni Stato, ha continuato Putin, «deve disporre di forza militare, tecnologica ed economica; ma la cosa prima che ne determinerà il successo è la qualità dei suoi cittadini, la qualità della società: la loro forza intellettuale, spirituale e morale. Alla fin fine, crescita economica, prosperità ed influenza geopolitica derivano da tali condizioni della società. Se i cittadini di un dato Paese si considerano una nazione, se e fino a che punto si identificano con la propria storia, coi propri valori e tradizioni, e se sono uniti da fini e responsabilità comuni. In questo senso, la questione di trovare e rafforzare l’identità nazionale è davvero fondamentale per la Russia».

«E intanto, l’identità nazionale della Russia odierna subisce non solo la pressione oggettiva che viene dalla globalizzazione, ma anche le conseguenze delle catastrofi nazionali del ventesimo secolo, quando abbiamo provato il collasso del nostro stato per ben due volte. L’effetto è stato un colpo devastante ai codici culturali e spirituali della nostra nazione; abbiamo fronteggiato la rottura di tradizioni e consonanza della storia, con la demoralizzazione della società, con una perdita di fiducia e responsabilità. Queste sono le cause radicali dei tanti urgenti problemi che affrontiamo. La questione della responsabilità verso se stesso, verso la società e il diritto, è qualcosa di fondamentale per la vita di ogni giorno come per la vita del diritto».
 (...)
«L’esperienza ha mostrato che una nuova idea nazionale non compare da sé, né si sviluppa secondo regole di mercato. Uno Stato ed una società costruiti “spontaneamente” non funzionano, né funziona copiare meccanicamente le esperienze di altri Paesi. Tali imprestiti rozzi e tentativi di civilizzare la Russia dall’esterno non sono state accettati dalla maggioranza assoluta del nostro popolo. Ciò perché l’aspirazione all’indipendenza e alla sovranità nella sfera spirituale, ideologica e nella politica estera è parte integrante del nostro carattere nazionale. Detto tra parentesi, tali approcci sono falliti anche in altre nazioni. I tempi in cui modelli e stili di vita già bell’e fatti potevano essere inseriti in Paesi stranieri come programmi nei computers sono passati.

 Comprendiamo anche che l’identità e un’idea nazionale non può essere imposta dall’alto, per mezzo di un monopolio ideologico. È una costruzione molto instabile e vulnerabile, e lo sappiamo per esperienza personale; non ha futuro nel mondo moderno. Abbiamo bisogno di creatività storica, d’una sintesi dei costumi e delle idee nazionali migliori, una comprensione delle nostre tradizioni culturali, spirituali e politiche colte da diversi punti di vista; bisogna capire che (l’identità nazionale) non è qualcosa di rigido che durerà per sempre, ma piuttosto un organismo vivente. Solo così la nostra identità sarà fondata su solida base, diretta verso il futuro e non il passato. Questo è il principale argomento a riprova che un’ideologia di sviluppo deve essere discussa da persone che hanno visioni differenti, e diverse opinioni sul come risolvere dati problemi.

 Sicché tutti noi – i cosiddetti neo-slavofili e i neo-occidentalisti, gli statalisti e i cosiddetti liberisti – tutta la società deve lavorare insieme per creare fini comuni di sviluppo (...). Ciò significa che i liberisti devono imparare a parlare ai rappresentanti della sinistra e che d’altro canto i nazionalisti devono ricordare che la Russia è stata formata specificamente come stato pluri-etnico e multi-confessionale fin dalla sua nascita (...). La sovranità, indipendenza e integrità territoriale della Russia sono incondizionate. Qui ci sono “linee rosse” che a nessuno è permesso scavalcare. Per quanto differenti siano le nostre vedute, le discussione sull’identità e il nostro futuro nazionale sono impossibili se coloro che vi prendono parte non sono patriottici. Ovviamente intendo patriottismo nel più puro senso della parola».

Dopo aver delineato così la libertà di pensiero desiderabile in Russia e il limite che deve incontrare (nel comune senso della patria), Vladimir Putin pronuncia la critica più lucida alla «cultura» occidentale che il Sistema occidentale vuol imporre a tutta l’umanità, e ne addita l’intento suicida e, al fondo, satanico (Putin non esita a nominare Satana, né si fa scrupolo di parlare di spiritualità).

 Sono i passi più fondamentali:
  
«Altra grave sfida all’identità della Russia è legata ad eventi che hanno luogo nel mondo. Sono aspetti insieme di politica estera, e morali. Possiamo vedere come i Paesi euro-atlantici stanno ripudiando le loro radici, persino le radici cristiane che costituiscono la base della civiltà occidentale. Essi rinnegano i principi morali e tutte le identità tradizionali: nazionali, culturali, religiose e financo sessuali. Stanno applicando direttive che parificano le famiglie a convivenze di partners dello stesso sesso, la fede in Dio con la credenza in Satana.

 La “political correctness” ha raggiunto tali eccessi, che ci sono persone che discutono seriamente di registrare partiti politici che promuovono la pedofilia. In molti Paesi europei la gente ha ritegno o ha paura di manifestare la sua religione. Le festività sono abolite o chiamate con altri nomi; la loro essenza (religiosa) viene nascosta, così come il loro fondamento morale. Sono convinto che questo apre una strada diretta verso il degrado e il regresso, che sbocca in una profondissima crisi demografica e morale.

 E cos’altro se non la perdita della capacità di auto-riprodursi testimonia più drammaticamente della crisi morale di una società umana? Oggi la massima parte delle nazioni sviluppate non sono più capaci di perpetuarsi, nemmeno con l’aiuto delle immigrazioni. Senza i valori incorporati nel Cristianesimo e nelle altre religioni storiche, senza gli standard di moralità che hanno preso forma dai millenni, le persone perderanno inevitabilmente la loro dignità umana. Ebbene: noi riteniamo naturale e giusto difendere questi valori. Si devono rispettare i diritti di ogni minoranza di essere differente, ma i diritti della maggioranza non vanno posti in questione.

 Simultaneamente, vediamo sforzi di far rivivere in qualche modo un modello standardizzato di mondo unipolare e offuscare le istituzioni di diritto internazionale e di sovranità nazionale. Questo mondo unipolare e standardizzato non richiede Stati sovrani; richiede vassalli. Ciò equivale sul piano storico al rinnegamento della propria identità, della diversità del mondo voluta da Dio»...

Che dire? Putin accomuna la perdita della distinzione sessuale imposta per legge in Occidente con la perdita delle frontiere, o il divieto ad una comunità politica di distinguersi dalle altre aderendo alle proprie radici; l’uno e l’altro configurano «cancellazione di confini» voluti dalla medesima forza: forza del male, nemica della volontà di Dio. Globalizzazione ultra-liberista ed omo-promozione sono da lui sentite come «la stessa cosa», sgorganti dalla stessa volontà anti-umana.

 Certo non c’è un politico al mondo d’oggi che definisca così senza complessi la natura del conflitto che lo oppone all’americanismo e al suo sistema mondializzato: conflitto più che solo politico, ma escatologico (2). Siccome Putin non è un santo né un mistico, c’è da chiedersi dove abbia tratto questa capacità di valutazione metapolitica, questa speciale intelligenza. Forse l’amara esperienza personale cui allude, il crollo del sistema sovietico e della sua società; forse l’anima russa è capace di queste risonanze.

 Io tenderei a non escludere che nella formazione di certi alti gradi del KGB, ci sia stato un addestramento delle menti e dei caratteri ( intelligence in senso proprio) a tener conto, e a valutare nelle analisi politiche, accanto alle forze materiali e sopra di esse, quelle culturali e «spirituali», e ancor sopra, quelle dell’Invisibile. Nel denso, introvabile romanzo sullo spionaggio sovietico e i suoi agenti d’influenza – Il Montaggio – l’autore russo-francese Dimitri Volkoff tratteggia il capo supremo della Disinformazione e Manipolazione, «generale Mohammed Mohammedovic Abdulrakmanov, due volte Eroe dell’Unione Sovietica, due volte cavaliere dell’Ordine di Lenin, cekista d’onore» e astutissimo burattinaio e manipolatore di uomini-pedine, che agonizza nella sua dacia e – con grande imbarazzato stupore dell’agente Pitman, un siloviki ebreo che lo ammira – ha acceso un lumino rosso davanti all’icona, come un qualunque mugik vecchio-credente. Sarebbe dunque cristiano, questo gran manovratore leninista di razza uzbeka e di nome mohammadico?, si domanda Pitman scandalizzato e addolorato. Il generale Abdulrakmanov, dal suo divano in cui muore, gli dice: «Sai, non sono scontento della mia vita. Forse ho un po’ piegato la Storia nella buona direzione, e una o due volte ho preso a calci nel sedere il Chitano, e spesso l’ho fatto lavorare per me» (3).

 Forse sono solo fantasie. Ma non è fantasia che la Russia è tornata in sé, e la sua corazza sovietica e marxista s’è sgretolata, dopo essere stata consacrata al Cuore Immacolato di Maria, come chiese la Vergine a Fatima. E se vogliamo osare, c’è stata recentemente una giornata di digiuno ordinata dal Papa ai cattolici per sventare l’aggressione alla Siria che sembrava inevitabile... Il materialismo è stato per le masse. Certe forze, un buon cekista ha imparato a rispettarle, e a farle entrare nell’analisi strategica.

 Il sito Dedefensa invita a confrontare la riflessione del capo di Stato russo con «i luoghi comuni correnti nei discorsi (dei politici) del Blocco Occidentale-Americano, col loro catechismo morale d’occasione, di una infecondità intellettuale e spirituale che non cessa di stupire per il suo riduzionismo e imprigionamento concettuale (4). Il discorso di Putin è interessante per la sua volontà di usare dei riferimenti che, al contrario, liberano il pensiero... Per una volta non c’è bisogno di «leggere fra le righe» né chiedere una interpretazione agli addetti stampa, né da completare la comprensione dell’argomento attraverso il body language».

Non si potrebbe dir meglio. È anche riconoscibile lo stigma delle forze e delle proteste che vengono scagliate contro la Russia di Putin, e che paiono tanto degne di rilievo ai nostri media: la dissacrazione di basso rango, le Pussy Riots che ballano sull’altare, le Femen che strillano a seno nudo. E questa, l’ultima, riportata il 20 settembre dalle agenzie europee: «Spogliarelliste russe contro Putin per la pace in Siria – Le ballerine di un club moscovita di striptease hanno realizzato un calendario osé, per attirare l’attenzione della gente sul problema siriano. Ne dà notizia il sito Rkb Daily». (Mosca, calendario sexy contro la guerra in Siria dedicato a Putin e Obama)

Sul conflitto in Siria, le tre signorine dissentono da Putin

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Ecco chi si riduce a pagare l’intelligence, chiamiamolo così, occidentale, per fare un po’ di pandemonio. Spogliarelliste nude contro Putin. Entraineuses per la Siria. Il porno-club moscovita non approva che Assad consegni le armi chimiche. Notizia ripresa dal sito Rkb... Evidentemente, non trovano in Russia oppositori più seri da pagare, né siti informativi più prestigiosi. Sono sicuro che persino alla Cia si vergognano.

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1) Il Valdai International Discussion Club vuol essere un forum di pensiero aperto a vari ospiti esteri. Fondato dalla RIIA Novosti e dal think tank governativo russo Council on Foreign and Defense Policy, cerca di suscitare ed arricchire con dibattiti ed apporti ad alto livello al pensiero strategico. Un po’ come l’atlantista Gruppo Bilderberg, il Valdai deve il suo nome alla località dove ha tenuto la prima riunione nel 2004, l’hotel Valdai sul lago Valdaiskoye, nella zona di Novgorod, ricca di monasteri e memorie storiche dell’ortodossia. L’incontro in cui Putin ha parlato è avvenuto il 19 settembre.
2) Nel senso detto da San Paolo, Efesini 1-18: «...La nostra battaglia infatti non è contro la carne e il sangue, ma contro i Principati e le Potenze, contro i dominatori di questo mondo tenebroso, contro gli spiriti del male che abitano nelle regioni celesti. Prendete dunque l’armatura di Dio, perché possiate resistere nel giorno cattivo e restare saldi dopo aver superato tutte le prove».
3) Abdurakman chiama la suprema cerchia del Kgb «il Concistoro». «Noi del Concistoro siamo una fabbrica della verità. Uso esterno, uso interno. Al punto tecnico in cui siamo, tutte le immagini derivano da noi». E l’agente Pitman, di medio livello, ascoltando il generale morente, coglie «la verità. Anche lui aveva già intravisto un segreo di quest’ordine: coloro che hanno le chiavi della disinformazione devono avere anche quelle d’informazione, e le chiavi dell’informazione sono le chiavi del mondo». È stato il Kgb, sapendo la verità sulle statistiche economiche sovietiche e la perdita di terreno rispetto alla tecnologia occidentale, che tentò la riforma del sistema. La morte prematura del geniale capo del KGB, Yuri Andropov, fece sì che il progetto fosse condotto da Gorbaciov, il quale fallì. Putin è nutrito di questa esperienza.

4) Questo elemento di stupida, ripetitiva brutalità americanista è colto dal commentatore William Pfaff a proposito della soluzione escogitata ed imposta da Mosca per la Siria. La Casa Bianca continua a minacciare di bombardare la Siria, nonostante il regime siriano sia pronto a consegnare i suoi arsenali chimici, e pronto a firmare il trattato di bando di tali armi. «La Siria si assoggetta al diritto internazionale», scrive Pfaff, «il che è altamente significativo. Washington non sembra comprendere l’importanza della sottomissione del presidente Assad al diritto internazionale. Gli Usa sono diventati così indifferenti, anzi così abituati a violare il diritto internazionale, che non riesce a cogliere questo: che il resto del mondo vuol vedere Assad sottomettersi al diritto, e gli Stati Uniti (ed Israele) anche». Sono questi due ad essersi messi fuori dalla civiltà, e non lo capiscono. Mentre il nuovo presidente iraniano Rouhani stende la mano conciliante, annunciando d’essere disposto a discutere anche il suo programma nucleare, Netanyahu ha ordinato alla delegazione israeliana di uscire durante il discorso all’Onu del medesimo Rouhani; il governo e i giornali sionisti sono nel panico di fronte alla prospettiva di conciliazione, e incitano gli americani a non credere, a rifiutare la mano tesa, perché l’Iran vuol farsi comunque la Bomba e lanciarla sullo stato ebraico. Una puerile menzogna, commenta William Pfaff: «Gli israeliani lo sanno. La grossolana esagerazione del supposto pericolo è solo uno sforzo per indurre gli Usa a distruggere l’Iran come potenza regionale nel Medio Oriente, come hanno fatto per l’Iraq di Saddam, risparmiando così ad Israele la fatica...e il disonore».

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