mercoledì 13 marzo 2013

scandali

Le "Iene" e gli sciacalli mediatici contro la Chiesa di Marco Mancini

Proprio nell’imminenza del Conclave, torna di moda il tema degli abusi sessuali nella Chiesa. Nell’opera di divulgazione mediatica sul tema si è particolarmente distinto il programma “Le Iene” (nomen omen…), che ha trasmesso per due puntate consecutive servizi sullo scandalo della pedofilia, riguardanti in particolare la diocesi di Savona.

Diciamolo una volta per tutte: contra factum non valet argumentum. Che diversi sacerdoti cattolici abbiano abusato sessualmente di minori – in forme più o meno gravi – è un fatto. Che la reazione delle gerarchie ecclesiastiche non sia stata sempre adeguata alla situazione, è un fatto. Che i Vescovi si siano spesso limitati a trasferire i sospettati da una parrocchia a un’altra, sperando di riuscire a limitare i danni e di evitare uno scandalo alla Chiesa, è un fatto. Il punto è che i fatti, oltre a essere denunciati, devono trovare una spiegazione.

La Chiesa Cattolica è un’istituzione millenaria, che porta ancora su di sé tutto il peso della sua storia passata. Per secoli essa ha modellato la propria esistenza sulla base dell’autonomia e della separatezza rispetto alle leggi e ai criteri del mondo secolare: basti pensare agli istituti del foro ecclesiastico e del diritto d’asilo. Il primo prevedeva che i chierici potessero essere giudicati solo dai tribunali ecclesiastici e non da quelli civili, il secondo assicurava l’impunità a coloro che, macchiatisi di qualsiasi delitto, avessero trovato rifugio in chiese, conventi o monasteri (se ne ha un’eco, ad esempio, nella vicenda di Esmeralda in “Notre Dame di Paris” di Victor Hugo). In Italia, tali istituti furono entrambi aboliti con le leggi Siccardi del 1850, ma la concezione che ne era alla base ha continuato a sopravvivere, nel bene e nel male, all’interno della compagine ecclesiale.

A ciò si aggiunga la volontà di non esporre la Chiesa, Sposa di Cristo, al pubblico disonore, secondo il principio per il quale “i panni sporchi si lavano in famiglia”. E la spinta, fortissima, a proteggere chi si continua in ogni caso a considerare come proprio figlio. Si può dire che questa mentalità vada cambiata, ma essa non appartiene solo alla Chiesa. Conosciamo bene questi sentimenti: si tratta di inclinazioni umane. Sappiamo quanto sia difficile per un genitore o per un fratello accettare l’idea che il proprio congiunto si sia macchiato di un delitto e che vada punito per questo. Noi stessi definiamo “madri-coraggio” le donne che trovano la forza di denunciare i figli spacciatori: non vi è nulla di scontato in tutto questo. C’è di più: il nostro stesso ordinamento manifesta di avere coscienza di tali situazioni, laddove – all’art. 384 del codice penale – prevede la non punibilità per reati come l’omessa denuncia (nei casi in cui sia obbligatoria per legge), la falsa testimonianza, il favoreggiamento qualora essi siano commessi per la “necessità di salvare sé medesimo o un prossimo congiunto da un grave e inevitabile nocumento nella libertà e nell’onore”.

La legge, dunque, non si sente di punire coloro che abbiano addirittura commesso dei reati per sottrarre alla giustizia i propri familiari. I nostri media, invece, pretendono che i Vescovi non facciano i preti ma gli sbirri, che corrano a denunciare i propri figli e i propri fratelli, che accettino di buon grado di vedere la propria Madre denudata, violata, sconciamente esposta alle risate e allo scherno del mondo. Forse hanno ragione nel chiederlo, ma questo mondo che si erge a giudicare la Chiesa non ha nessun titolo per farlo.

Soprattutto perché esso non è animato da senso di giustizia, ma dalla malafede. L’aspetto più vergognoso del già citato servizio delle Iene è che tenta di coinvolgere nella vicenda di Savona lo stesso Benedetto XVI, sulla base di una lettera inviatagli nel 2003, quando era Prefetto della Congregazione per la dottrina della fede, dal vescovo Calcagno. Ratzinger, dunque, sapeva e ha consentito che gli abusi proseguissero: quale orrore! Ma nella stessa missiva si legge che lo stesso Calcagno aveva già provveduto a evitare che il sacerdote in questione avesse “responsabilità che lo mettano  a contatto di bambini o adolescenti” e a fare in modo che venisse sottoposto a cure psicologiche. Nel prosieguo del servizio, viene poi intervistato il responsabile della SNAP, un’organizzazione che raccoglie alcune vittime – o presunte tali – di preti pedofili negli USA e sui cui aspetti discutibili, in termini di finanziamenti e modalità di azione, ha già scritto in maniera esauriente Massimo Introvigne.

Benedetto XVI è stato il Papa che più si è impegnato contro lo scandalo degli abusi, rimuovendo dal loro incarico diversi vescovi, incontrando le vittime, stabilendo nuove norme di comportamento, togliendo di mezzo le potenti coperture che avevano occultato, ad esempio, la scabrosa vicenda di Padre Maciel. Egli ha condotto la Chiesa sulla strada della penitenza e della conversione, oltre che su quella della trasparenza e della responsabilità. Attaccarlo sulla vicenda della pedofilia, a poche settimane dalla sua rinuncia al ministero petrino, è un vero e proprio atto di sciacallaggio mediatico. Come lo è affrontare in maniera scandalistica un tema ormai noto da anni, proprio nell’imminenza del Conclave.

Appare chiara, comunque, l’intenzione alla base di tutto questo: tenere sotto schiaffo la Chiesa Cattolica, in uno dei momenti più delicati della sua storia. Ecco, allora, che la iena – pardon, il “giornalista” delle Iene – rincorre i cardinali arrivati a Roma per il Conclave, gli piazza il microfono sotto il muso e incalza: “cosa pensa del cardinale Calcagno, che ha coperto gli abusi di un prete pedofilo? Dovrebbe partecipare al Conclave?”. E quelli, senza la minima idea di ciò di cui la iena sta parlando, ma con la maledetta paura di dire qualcosa fuori posto, cercano di sfuggire, di divincolarsi, fino a perdere la pazienza. E la iena, esultante: “Ecco, vedete! I cardinali sono tutti omertosi!”. Nella testa dello spettatore, la sensazione che la Chiesa non sia nulla di più di un’associazione per delinquere, finalizzata allo sfruttamento sessuale dei minori. E subito le microcefale nullità che affollano la Rete si scatenano: dagli alla Chiesa, protettrice dei pedofili! Morte a questi preti maledetti!

C’è qualcosa di satanico, come ha osservato tra gli altri Maurizio Blondet, in quest’odio furioso, schiumante di rabbia, che si rivolge ormai quotidianamente contro la Chiesa. E l’odio di chi non sopporta che essa continui a svolgere, ancorché in maniera debole e forse insufficiente, il ruolo di Katechon, impedendo il pieno manifestarsi del “mistero di iniquità” (2Tess 2, 7), cioè delle forze dell’Anticristo. Di chi non sopporta che essa continui a ribadire la differenza tra bene e male, tra vero e falso, indicando un modello superiore a quello della feroce bestialità degli istinti.

Il mondo utilizza le debolezze e le fragilità degli uomini di Chiesa per condurre questa guerra: oggi, l’arma principale è la pedofilia. State certi che, quando essa si rivelerà spuntata, non esiteranno a sbarazzarsene, cercandone una migliore. Del resto, già oggi taluni gruppi di psichiatri cominciano a sdoganare la pedofilia, trattandola alla stregua di un “normale orientamento sessuale”. E, in un’intervista a “Repubblica” del 1985, l’attuale governatore pugliese Nichi Vendola sottolineava come non fosse “facile affrontare un tema come quello della pedofilia, cioè del diritto dei bambini ad avere una loro sessualità, ad avere rapporti tra loro, o con gli adulti - tema ancora più scabroso - e trattarne con chi la sessualità l'ha vista sempre in funzione della famiglia e dalla procreazione”. Quando sarà, anche gli sciacalli – pardon, le Iene – scodinzoleranno prontamente, confezionando servizi sulla bellezza della sessualità infantile, come fanno già ora sul tema delle c.d. “famiglie omosessuali”. Ma non è ancora il momento: adesso è meglio sparare sulla Chiesa. 
 

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