sabato 10 marzo 2012

Mons. Ligorio: quaresima-deserto

QUARESIMA-DESERTO


MONS. S. LIGORIO
LETTERA QUARESIMALE  2012

Carissimi fratelli e sorelle,
vivo l’appuntamento della Quaresima come un importante incontro con ciascuno di voi, al fine di poter comunicare quelle riflessioni che vado maturando, giorno dopo giorno, nella ferialità della vita diocesana, davanti al Signore e alla sua Parola.
Mi siete tutti particolarmente cari e mentre per voi quotidianamente offro a Dio la mia preghiera, in questa circostanza a voi desidero sottolineare alcune priorità, che ritengo vadano recuperate, in modo particolare nel tempo sacramentale dei quaranta giorni quaresimali.
Nel nostro cammino diocesano, con le varie iniziative che tutti conoscete, rafforzate dal segno del dono dell’Evangelario a tutte le comunità parrocchiali e dalle schede per la Lectio divina, sta emergendo la centralità della Parola, unica forma capace di plasmare la nostra vita personale e comunitaria, talvolta distratta o superficiale, per trasformarla in quella di uomini e donne obbedienti alla Parola, pronti a vivere il primato di Dio e a sperimentarlo concretamente nelle scelte della vita.
E’ un bisogno che deve essere sempre di più coniugato nel quotidiano, per non rimanere sordi ascoltatori che si fermano all’epidermide della vita spirituale.
1. Recuperare il primato della Parola è sempre di fondamentale importanza nella vita del cristiano, specialmente oggi, dinanzi ai profondi mutamenti del sentire la fede. E’ indispensabile, dunque, lasciarsi andare ad essa perché “il Signore, che ama la vita, con la sua Parola intende illuminare, guidare e confortare tutta la vita dei credenti in ogni circostanza, nel lavoro, nel tempo libero, nella sofferenza, negli impegni familiari e sociali ed in ogni vicenda lieta o triste, in modo che ognuno possa discernere ogni cosa e tenere ciò che è buono (cf.1Tess 5,21), riconoscendo così la volontà di Dio e mettendola in pratica (cf. Mt 7,21)” (SINODO DEI VESCOVI, la parola di Dio nella vita e nella missione della Chiesa, Lineamenta, XII Assemblea Generale Ordinaria, 25).
La Lettera agli Ebrei, nel puntualizzare quanto la Parola di Dio possa realizzare in chi la incontra davvero, è molto chiara a riguardo:
Essa penetra fino al punto di divisione dell’anima e dello spirito, fino alle giunture e alle midolla e discerne i sentimenti e i pensieri del cuore”  (Eb 4,12).
Questi mutamenti del sentire la fede si inseriscono in quel fenomeno chiamato secolarizzazione, che Benedetto XVI ha analizzato con chiarezza in un suo discorso al Pontificio Consiglio della Cultura, definendola una minaccia anche per quanti sono in seno alla Chiesa stessa. Essa snatura dall’interno e in profondità la fede cristiana e, di conseguenza, lo stile di vita e il comportamento quotidiano dei credenti. Quanti vivono a contatto con le realtà del mondo, sono spesso condizionati, se non segnati, dalla cultura dell’immagine che impone modelli e impulsi contraddittori, nella negazione pratica di Dio. Secondo tali modelli non ci sarebbe più bisogno di Dio, di pensare a Lui e di vivere in comunione con Lui. La mentalità edonistica e consumistica predominante porta i fedeli come i pastori alla deriva, verso una superficialità e un egocentrismo che possono nuocere alla vita ecclesiale    (Sala Clementina, 8 marzo 2008).
Il nostro impegno pastorale diocesano deve costantemente tendere a far sperimentare a ciascuno quanto afferma il salmista: “lampada per i miei passi è la sua parola, luce sul mio cammino” (Sal 119, 105).
Questa esperienza a cui spero tenda ognuno di voi, ci pone in sintonia con quanto ha chiesto Benedetto XVI, il 27 gennaio 2012, parlando ai partecipanti alla Plenaria della Congregazione della Dottrina della Fede: “Siamo davanti ad una profonda crisi di fede, ad una perdita del senso religioso che costituisce la più grande sfida per la Chiesa di oggi. Il rinnovamento della fede – ha concluso il Papa – deve quindi essere la priorità nell’impegno della Chiesa intera ai nostri giorni”.
Quale percorso dobbiamo compiere per rinnovare in modo più maturo e fedele la nostra adesione alla fede, e per ciò stesso a Dio?
Domanda sollecitata anche dalle comunità parrocchiali della zona pastorale “collina” durante la Visita Pastorale, vissuta come “segno della presenza del Signore che visita il suo popolo nella pace” (Pastores gregis, 46) ed è stata occasione non solo “per ravvivare le energie degli operai evangelici, lodarli, incoraggiarli e consolidarli”ma anche “per richiamare tutti i fedeli al rinnovamento della propria vita cristiana e ad un’azione apostolica più intensa” (Apostolorum successores, 221).
Tutto questo mi spinge maggiormente ad indicarvi un itinerario.
2. In Quaresima, di giorno in giorno e di domenica in domenica, il cristiano si dispone all’ascolto attento della Parola, unico strumento che apre il cuore e l’intelligenza dell’uomo alla fede. Inoltre prepara il credente, con un’autentica conversione e cambiamento di vita, all’incontro con Gesù maestro, perché la sua Pasqua possa diventare la Pasqua di ogni discepolo.
La Quaresima è l’unico tempo liturgico al quale la Chiesa riconosce la qualità di sacramentum, cioè segno e tempo efficace per il pentimento e la conversione (cf. MR, I domenica di Quaresima, orazione colletta, p. 72).
La liturgia della Chiesa porta la Quaresima dalla semplice dimensione ascetica a quella sacramentale e, in quanto sacramentum, realizza ciò che significa.
Il Lezionario è il mezzo che la Chiesa offre al battezzato perché possa annunciare e narrare, nell’assemblea liturgica, la storia della salvezza e permettere al popolo di Dio – stirpe eletta, sacerdozio regale, nazione santa (cf. 1 Pt 2,9) – di celebrare il memoriale del mistero di salvezza.
Una memoria, quella del Lezionario, che impegna nel presente, in vista di un compimento futuro già radicalmente realizzato nella celebrazione dei santi misteri.
In questo modo la Scrittura – leggiamo in un antico manuale di liturgia – non è più una semplice storia senza nesso con la situazione personale di ogni battezzato hic et nunc. Il cristiano è immesso in questa grande corrente dinamica dove la Scrittura è la sua storia e come la vive ora nell’azione liturgica così la vivrà nell’escatologia. Il discepolo di Gesù, difatti, non può capirsi che attraverso la Parola di Dio nell’azione liturgica.
La Sacra Scrittura in tutte le sue fasi, infatti, è annuncio della salvezza e la liturgia, in tutti i suoi momenti, è avvenimento di essa sul piano rituale.
Questo ci permette di capire che
a) la liturgia, in quanto avvenimento di annunzio, esige che la lettura della Sacra Scrittura sia una componente indispensabile;
b) la liturgia è sempre rivelazione in atto, in quanto costituisce il momento in cui la Parola diventa carne e abita tra noi.
Nella celebrazione della Parola di Dio si realizza la realtà dell’incontro con Cristo, pane di vita (cf. Gv 6,48), e si comprende quanto ci sottolinea la prima lettera di Pietro: “avvicinandovi a Lui, pietra viva, rifiutata dagli uomini, ma scelta e preziosa davanti a Dio, quali pietre vive siete costruiti come edificio spirituale, per un sacerdozio santo e per offrire sacrifici spirituali graditi a Dio, mediante Gesù Cristo” ( 1 Pt 2,4-5).
A questa certezza la Chiesa-sposa, con la sua azione pastorale, indirizza ogni battezzato e si preoccupa vivamente, con lo strumento di annuncio del lezionario, che “la mensa della parola di Dio sia preparata ai fedeli con maggiore abbondanza, vengano aperti più largamente i tesori della Bibbia in modo che, in un determinato numero di anni, si legga la maggior parte della Sacra Scrittura”.
La distribuzione della Parola di Dio nella celebrazione della Messa – leggiamo nell’Ordinamento Generale del Lezionario Romano al n. 61 – “presenta opportunamente, attraverso le pagine della Sacra Scrittura, i fatti e i detti più importanti della storia della salvezza, in modo che la stessa storia della salvezza, di volta in volta rievocata in molti dei suoi momenti ed eventi della Liturgia della Parola, appaia ai fedeli come qualcosa di continuativo, che ripresenta e attualizza il mistero pasquale nella celebrazione dell’Eucaristia”.
E’ indispensabile, comunque, sottolineare che la proclamazione della Parola di Dio nella Liturgia, e in modo particolare in quella eucaristica, non ha solo un valore didattico, ma partecipa dell’evento sacramentale a cui è strettamente legata a tal punto da formare un solo atto di culto, come hanno definito con chiarezza  SC 56 e DV 21 quando delineano l’unica mensa alla quale si è nutriti con la Parola di Dio e rifocillati con il sacramento del Corpo di Cristo.
3. Nel meditare la Parola che il Signore ci rivolge nelle cinque domeniche di Quaresima, emergono nella liturgia della Parola della I e II domenica di Quaresima due punti fermi iniziali – che sono uguali nei tre anni ( A-B-C) – con cui il discepolo possa mettere a confronto la propria esistenza cristiana:
la tentazione di Gesù  (cf. anno A : Mt 4, 1-11; anno B: Mc 1, 12-15; anno C: Lc 4, 1-13),
la sua Trasfigurazione (cf. anno A: Mt 17,1-9; anno B: Mc 9, 2-10; anno C : Lc 9, 28b-36).
Nelle domeniche successive, nel segno del Tempio, della Croce e del chicco di grano, si svolge la seconda parte del cammino quaresimale specifico dell’anno B, nel quale si esplicita l’itinerario cristologico di Gesù:
“ubbidiente al Padre fino alla morte e alla morte di Croce”.
Tra le numerose riflessioni che nascono in me da tale itinerario che porta il Signore all’amore sino all’estremo, vorrei sottolineare in particolare un aspetto che è particolarmente meritevole di meditazione durante il tempo della Quaresima e che è implicitamente contenuto nel segno del chicco del grano e nella Trasfigurazione.
Le parole di Gesù sulla sua immensa passione e la sua sofferenza dal Getsemani alla Croce ci spingono a riconoscere quanto grande e serio sia stato l’evento della nostra Redenzione. L’amore di Cristo per noi ci spinge a riconoscere di essere chiamati a collaborare alla nostra salvezza in Cristo e attraverso Cristo poter indossare anche noi vesti candide come nessuno potrebbe fare sulla Terra.
Si tratta di accettare una quotidiana potatura spirituale, una purificazione e una più profonda guarigione della nostra libertà.
Si tratta di un cammino esaltante perché è un itinerario di autentica umanizzazione ma non privo di generosi atti di amore. “Gesù non viene per renderci la vita comoda, scaglia fuoco sulla terra, il grande fuoco vivo dell’amore di Dio” (J. RATZINGER, Dio e il mondo, Cinisello Balsamo 2001, p. 200).
Tale fuoco ci spinge a prendere le distanze da un cristianesimo tiepido e accomodante. Difatti come il chicco di grano ci scuote dai nostri accomodamenti e ci trascina nel pieno della lotta e nella sofferenza che comporta la testimonianza per la verità, unico modo da cui può scaturire la pace autentica, ben diversa da quella pace apparente dietro cui si celano ipocrisie e conflitti di ogni genere (cfr. J. RATZINGER, Dio e il mondo, 2001).
Ma come avviene concretamente?
Nel Messaggio per la Quaresima 2012, Benedetto XVI, ci invita a riscoprire la premura per il bene spirituale dei nostri fratelli, a rivalutare un aspetto della vita cristiana “caduto in oblio: la correzione fraterna in vista della salvezza eterna”. E aggiunge: “E’ importante recuperare questa dimensione della carità cristiana. Non bisogna tacere di fronte al male. Penso qui all’atteggiamento di quei cristiani che, per rispetto umano o per semplice comodità, si adeguano alla mentalità comune, piuttosto che mettere in guardia i propri fratelli dai modi di pensare o di agire che contraddicono la verità e non seguono la via del bene. Il rimprovero cristiano, non è mai animato da spirito di condanna o recriminazione; è mosso sempre dall’amore e dalla misericordia” (Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima, 2012).
Tale impegno per gli altri, esigente e coraggioso, può costituire in Quaresima un valido percorso, se viene arricchito dall’attento ascolto della Parola che è capace di generare in noi una  crescita spirituale e una permanente conversione.
La custodia degli altri, la vigilanza per la loro salute spirituale ha, infatti, un effetto benefico anche per noi.
Essere sentinella per gli altri ci induce a divenire più vigilanti su noi stessi e a sfuggire la “sempre presente tentazione della tiepidezza, del soffocare lo Spirito, del rifiuto di trafficare i talenti che ci sono donati per il bene nostro e altrui (cf. Mt 25,25s) (cf. Benedetto XVI, Messaggio per la Quaresima, 2012).
Prendersi cura della salute spirituale dei fratelli suppone di intensificare la nostra vita di fede, far crescere la nostra speranza in Dio e non nelle realtà terrene, amare i fratelli attraverso un annuncio coraggioso, pronto anche al rifiuto e al rigetto, per amore di Cristo.
Tale franchezza non si improvvisa. E’ l’approdo di un vero e amorevole cammino verso Cristo.
La missione per la crescita interiore degli altri, oltre ad essere un cammino di amore verso i fratelli, diviene condivisione delle sofferenze di Cristo e autentico percorso di umanizzazione di ciascuno di noi.
In questa visione, il Cristianesimo non è mai insipido, incapace di fecondare la terra degli uomini, ma diventa luce posta in alto per rischiarare e guidare. E di tale vigilanza, perché il sale non perda il suo sapore cioè perché la Parola di Dio venga da noi realmente accolta, il sacramento della penitenza costituisce punto di riferimento imprescindibile.
4.Concludo augurandovi buona Quaresima!
Uniamoci in questo comune itinerario e facciamo insieme, con fede, questo percorso verso la Pasqua.
Il nostro comune sguardo di fede sia indirizzato alla Croce di Cristo, il nostro udito sia sempre occupato unicamente dalla Parola di Dio e il nostro cuore trabocchi di amore autentico per i fratelli, volendo solo il loro bene. Così toccheremo con mano la certezza della Pasqua di Cristo che potrà diventare la nostra Pasqua.
Un abbraccio di fede a tutti voi, miei carissimi fratelli e sorelle in Cristo Gesù, con l’invito a sperimentare l’amore tenero di Dio Padre e la Sua luce.

Matera, 22 febbraio 2012
Mercoledì delle Ceneri           
                                                                                        + Salvatore Ligorio
                                                                               Arcivescovo di Matera-Irsina

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