venerdì 13 gennaio 2012

BATTESIMO del signore/B




S. E. Rev. ma Mons. Arturo Aiello
Pietravairano, 8 gennaio 2012
Monastero S. Maria della Vigna
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Saluto iniziale

La Festa del Battesimo del Signore si pone come cerniera tra il Tempo di Natale e il Tempo Ordinario: è una festa che ci educa a collegare il Bambino con Gesù che annuncia il Regno di Dio. Ci disponiamo a celebrare questa Festa, occasione anche per rinnovare le promesse del nostro Battesimo, chiedendo umilmente perdono a Dio dei nostri peccati.

LETTURE
Isaia 55, 1-11
1° Lettera di Giovanni 5, 1-9
Matteo 1, 7-11
Omelia

Carissime sorelle Clarisse, carissimi fratelli e sorelle,
come ho detto all’inizio della celebrazione, questa Festa fa da ponte, ci aiuta a unire il mistero del Natale, che abbiamo contemplato, con la vita del Signore. Dobbiamo fare uno sforzo, perché tra l’adorazione dei Magi, che abbiamo appena contemplato l’altro ieri, e il Battesimo del Signore intercorrono circa trent’anni, e quindi facciamo un salto per collegare ciò che invece vorremmo dividere.
Il Natale è facile per tutti, perché ha un suo fascino, perché i bambini sono dolci e li portiamo dove vogliamo. Quelli fra voi che sono genitori ed hanno avuto dei bambini, conoscono il disagio di passare da un momento idilliaco, dove il bambino o la bambina lo vestiamo come vogliamo noi, lo portiamo con noi, è parte di noi, e il momento in cui i bambini cominciano a dire no, tanto più poi quando i bambini diventano adolescenti o giovani. È molto più complesso accogliere un figlio ventenne, trentenne, quindicenne, che un bambino. Certamente il bambino richiede delle cure, ma a volte in questo nostro prenderci cura c’è anche tanta gratificazione, c’è tanta voglia di tenerezza che vogliamo trasmettere senza che l’altro ci dica no, abbia i suoi tempi, il suo carattere, come dicono le mamme: Questo bambino già comincia a manifestare un suo carattere. Il problema della Chiesa, della predicazione è di fermarsi a Betlem, è di fermarsi al Natale, ma il Natale, come sapete, anche nella percezione della vita della Chiesa, è un evento successivo, inizialmente non ne troviamo traccia. Quello che è centrale nella nostra fede è la predicazione di Gesù, ma ancor di più la Sua Passione, Morte e Resurrezione. Solo in un secondo momento gli evangelisti stessi hanno cercato di indagare sulle origini, sull’inizio della vita del Signore, ma ciò che era all’attenzione di tutti e ciò che veniva percepito come centrale era l’annuncio del Regno con la salita a Gerusalemme, la condanna, Passione, Morte e Resurrezione. Allora cerchiamo di non essere cristiani infantili. Chi si ferma al Natale ha una fede infantile: bisogna andare oltre, bisogna seguire Gesù, bisogna mettersi sulle Sue orme.
L’evento del battesimo sulle rive del Giordano costituisce una vera e propria cerniera tra il prima e il dopo, tra le origini e la maturità. Guardando la Terra Santa dall’alto, dall’aereo, per chi fra voi ci sia stato, immediatamente appare subito una linea verde nel deserto: è il Giordano. In una terra assolata, deserta - gli israeliti stanno cercando da decenni di conquistare verde al deserto, zone abitabili - una linea d’acqua, pur piccola, diventa vitale. Quindi immaginate questa terra riarsa, perlopiù desertica, attraversata da una ruga verde che finisce nel Mar Morto: è il Giordano, fonte di vita per quella terra. L’acqua è uno degli elementi centrali di questa festa; rimanda anche al nostro Battesimo, che ovviamente è un battesimo diverso da quello che amministrava Giovanni, e il profeta Isaia, intravedendo questo tempo di redenzione, diceva: Venite all’acqua, cioè venite a bere, venite a prendere gratuitamente la grazia. L’acqua è la vita che scorre nel deserto, è la possibilità di conquistare al deserto la vita. C’è bisogno dell’acqua. Gli ebrei sono gli inventori di quei sistemi che magari avrete anche nel vostro giardino, che è l’irrigazione a goccia, perché per loro una goccia d’acqua è preziosa, mentre noi di questo bene non ci rendiamo ancora conto abbastanza.
È su quelle rive, su quelle rive di vita, in quell’atmosfera di verde, in mezzo alla calura del deserto che Giovanni sta battezzando. Chi va da lui? I poveri, gente peccatrice e cosciente di esserlo. Lo siamo tutti, ma alcuni di noi sanno di esserlo, altri presumono d’esserne indenni e dunque una schiera di persone, di poveri, di straccioni, di pubblicani, di prostitute, accoglie l’invito del Battista alla conversione. È gente, cari fratelli e sorelle, che è ancora pronta a scommettere sulla novità e noi siamo all’inizio di un anno e dobbiamo avere questo coraggio di desiderarci nuovi, di desiderare qualcosa di nuovo per noi, per le persone a cui vogliamo bene, per la Chiesa, per il mondo, per la società civile, e a volte i poveri più dei ricchi hanno questo desiderio di novità, questa voglia di rivedersi: non sono rassegnati e non dobbiamo esserlo neanche noi. Dunque mettiamoci anche noi in questa schiera di poveri, di straccioni, di falliti, che prestano l’orecchio del cuore alla predicazione del Battista: Chissà, forse ha ragione… Forse in questa tragedia c’è un dono… Forse in questa crisi può esserci un’opportunità… E tra loro si intrufola anche Gesù di Nazareth. È importante che comprendiamo questo per entrare nel vivo della scena e nel mistero che questa scena ci presenta: Gesù si intrufola tra i peccatori; nessuno lo sa, nessuno Lo riconosce, è gomito a gomito con loro. Gesù è anche in mezzo a noi, nella nostra voglia di riscatto, che spero abbiamo dentro, nella nostra voglia di infanzia, santa, che ancora ci tormenta, in quella dimensione adolescenziale che ciascuno di noi deve avere come voglia di rivedersi completamente. Se guardi accanto a te, c’è Gesù, in te c’è Gesù che desidera questa novità, Lui l’unico santo tra i peccatori, Lui il più bello tra i figli dell’uomo, in mezzo alle brutture, Lui il Cielo che si impasta con il fango della terra.
Questa presenza, cari fratelli e sorelle, è l’incarnazione, che è romantica nella grotta e nella greppia di Betlem, ma diventa più difficoltosa sulle rive del Giordano e ancora di più nella persecuzione, nella predicazione del Regno di Dio, nelle esigenze radicali del Vangelo. Gesù con me, che viene a dire a me che sono esule, carcerato nei miei egoismi: Tu puoi liberarti. Viene con me un rivoluzionario, un sovvertitore, uno che ci parla di una modalità diversa di vita. È in questa commistione di cielo e terra, di santità e di peccato, di altezza e di bassezza che si gioca il meglio di questo mistero e di questa festa. Allora scoprendo in te, in me, in noi, questa voglia di novità, sentiamo che è Gesù che ce la mette dentro, perché Lui non si scandalizza, non ha difficoltà a mischiarsi tra noi, tra i nostri aliti, tra i nostri umori di vita, tra i nostri bisogni anche più prosaici. È Lui, è Dio-con-noi, e dunque, se Dio è con noi, in questa voglia di povertà, in questa voglia di riscatto, se è in fila tra i peccatori, allora il cielo è aperto, allora il cielo non è più lontano, il cielo è qui, il cielo è dentro di te, il cielo è nella tua famiglia. I cieli aperti sono questa inaugurazione, non solo della missione di Gesù, ma dell’intero processo di salvezza che Egli è venuto a compiere: tra cielo e terra c’è una scala finalmente accessibile. Vedrai cose migliori di queste - abbiamo letto il giorno 5 gennaio - lo dice Gesù a Natanaele: Vedrai cose migliori di queste, vedrai gli angeli salire e scendere sul Figlio dell’uomo, ma non solo su Gesù, anche su di noi (le suore sono particolarmente devote agli angeli e dunque questa scena le rallegrerà). Il cielo aperto sono gli angeli che salgono e scendono, gli angeli messaggeri, gli angeli che servono, gli angeli che portano annunci di maternità, annunci di novità, annunci di liberazione. Quindi adesso il cielo non è più addosso, non è più lontano: il cielo è aperto, è squarciato. Oh, se tu squarciassi i cieli e scendessi, aveva sognato secoli prima il profeta Isaia. Si è avverato adesso, sulle rive del Giordano, e il Padre – questa del Battesimo è una rivelazione trinitaria – riconosce il Figlio come il Figlio amato. E venne una voce dal cielo: Tu sei il figlio mio, l’amato, in te ho posto il mio compiacimento - e lo Spirito scende su Gesù. C’è il Figlio, c’è lo Spirito, c’è il Padre: c’è il Figlio in carne ed ossa, incarnato, visibile, palpabile, udibile, e poi c’è lo Spirito che scende su di Lui, che è già sceso su Maria all’atto del concepimento ed ora prende possesso pienamente. Ovviamente è un’immagine, lo Spirito è già in Gesù di Nazareth fin dall’inizio, ma la coscienza umana di Gesù ha qui il suo insight direbbe un filosofo, cioè il suo momento chiarificatore. Lo Spirito è su di me, aveva preannunziato sempre il profeta Isaia. E il Padre: Tu sei mio figlio, l’amato.
Questa scena inaugurale, per Gesù e per noi, è anche un motivo per ripensare alla nostra grandezza, pur appesantiti da tante difficoltà, da tanti lutti, da tanti bisogni inconfessabili. Noi siamo grandi; siamo grandi perché nel Figlio anche noi siamo figli, perché nel Figlio amato, anche noi siamo amati e, nel Figlio prediletto, anche noi siamo prediletti. Questo pensiero che adesso si fa facile a dire è all’origine di un’energia, come oggi si ama dire, di un entusiasmo enorme. Io non sono figlio di nessuno, non sono figlio di NN, come si diceva una volta: sono figlio di Dio. E non sono un figlio qualsiasi: sono un figlio amato. Tu sei l’amato, tu sei il prediletto: in te mi compiaccio, il mio sguardo è rivolto su di te. Coraggio, va’ avanti, tira fuori la tua grinta, sali su questo monte dell’entusiasmo. Una poetessa, filosofa russa, ha scritto: Solo sul monte dell’entusiasmo si vede il mondo chiaramente. Non nella depressione, ma sul monte dell’entusiasmo tu vedi il mondo chiaramente. E Gesù è su questo monte - benché il Giordano scorra, nella geografia della Terra Santa, sotto il livello del mare per precipitare poi 300 metri sotto il livello del mare nel Mar Morto - perché il battesimo è la punta di un iceberg e allora vede tutto chiaramente: vede il mondo ma anche se stesso, se stesso nel mondo e il mondo in sé, come una cosa buona, dice il testo di Genesi, se il mondo è nella volontà del Padre, sotto l’azione dello Spirito.
Quello che ci perseguita e che ci fa male anche fisicamente, è la percezione d’essere sbagliati, d’essere degli sgorbi della natura, d’essere frutto di un caso, d’essere sfortunati, sfigati… Ecco, quello che sto dicendo è l’esatto opposto di questa percezione che perseguita e che non ci fa fare le cose grandi che Dio ci ha posto nel cuore. Ognuno di noi pensa d’aver sbagliato, pensa d’aver perso quella opportunità che la vita gli offriva, pensa d’aver compiuto un passo falso e quindi ormai è tutto in caduta libera. Non è così, tu sei il figlio amato, coraggio! Chiudiamo così le nostre festività natalizie 2011-2012, con questa percezione: puoi sfidare il mondo, puoi diventare un luminare se prendi coscienza nel Figlio d’essere anche tu figlio, e non un figlio qualsiasi, non un figlio cadetto, non figlio di un dio minore, ma il figlio prediletto. Auguri.

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Il testo, tratto direttamente dalla registrazione, non è stato rivisto dall’autore.

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