giovedì 22 settembre 2011

Il Papa e il luterano postcattolico. Teologo domenicano amico di Ratzinger racconta l’assedio tedesco


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“Ratzinger non farà come molti tedeschi che si vergognano della propria fede cattolica e di essa, soprattutto innanzi ai luterani, si scusano. Il Papa non si scuserà per la sua fede e, al contrario, essendo consapevole di essere la guida della chiesa indicherà a tutti la giusta via”. Wolfgang Ockenfels è un teologo domenicano tedesco che nel 2003 Giovanni Paolo II volle fare membro del Pontificio Consiglio Justitia et Pax. Amico del Pontefice, docente all’Università di Treviri e redattore della rivista domenicana “die Neue Ordnung”, conosce bene la chiesa tedesca, una chiesa, dice, “affetta dal virus antiromano, che tormentosamente si occupa soltanto di se stessa continuando ‘dialogicamente’ a girare in tondo attorno a sé”.

Prima dell’incontro con la chiesa e poi con la realtà luterana e le altre realtà religiose, il Papa è oggi a Berlino, dove il suo discorso al Parlamento verrà boicottato da cento deputati. Dice Ockenfels: “Il Papa deve confrontarsi con alcuni atei fanatici, nonché con un secolarismo aggressivo e profondamente avverso alla normativa che regola i rapporti tra stato e chiesa. Molti rappresentanti della Linke non direbbero nulla se a Berlino arrivasse il Dalai Lama o il grande Mufti. Ad aggravare la situazione c’è poi l’atteggiamento delle associazioni musulmane che, sempre pronte a vestire i panni delle vittime, intendono indignarsi e denunciare l’‘islamofobia’. E, ancora, c’è la potente lobby omosessuale che invece si sente accerchiata dall’omofobia, e che nella chiesa cattolica ha trovato il suo nemico naturale. Saranno soprattutto gli omosessuali organizzati a farsi notare con atteggiamenti e toni particolarmente forti”.

E poi ci sono i cattolici cosiddetti dissidenti, che chiedono riforme a Roma: “La verità è che in Germania nessuno legge più Lutero. E, invece, c’è chi si riempie la bocca del padre della riforma per chiedere l’abolizione del celibato, l’ammissione delle donne e degli omosessuali al ruolo di sacerdote e vescovo, richieste che in realtà tra i luterani quasi non esistono. Certi cattolici dovrebbero piuttosto osservare quanto sta avvenendo nella chiesa anglicana. Lì coloro che intendono andarsene e tornare con Roma vengono incoraggiati. Così dovremmo fare noi: lasciare andare via questi cattolici che da tempo hanno scoperto un’affinità con il protestantesimo. La tolleranza impone di lasciarli andare. Ma la tolleranza non prevede che provino a riformare la loro comunità di provenienza fino a renderla di fatto irriconoscibile”.

Prima del viaggio del Papa, anche alcuni rappresentanti della Cdu hanno chiesto l’abolizione del celibato. “Uno sbaglio, certo, perché la Cdu non deve risolvere i problemi della chiesa, a lei compete affrontare quelli dello stato secondo i dettami della dottrina sociale cristiana e della Costituzione. E poi non bisogna dimenticare che ci vuole una certa competenza in materia di fede per comprendere il significato del celibato. Chi ignora cosa siano ‘i consigli evangelici’ e li confonde con un’istituzione democratica dal basso amministrata da un ‘comitato centrale’ farebbe meglio a stare zitto. Soprattutto se riveste un incarico istituzionale. Noi volentieri facciamo a meno di una chiesa di stato tedesca sul modello guglielmino. La carenza, che peraltro accusiamo di più, non è quella dei preti, ma dei fedeli. Mentre dal 1960 a oggi il numero dei fedeli praticanti si è ridotto di tre quarti, quello dei sacerdoti solo della metà. Il che ovviamente è un problema, perché abbiamo bisogno di loro non solo come dispensatori di sacramenti, ma anche come missionari. Le parrocchie diventano sempre più unità mobili. Ma a mio avviso l’abolizione del celibato renderebbe il problema più acuto, come si può vedere guardando ai molti pastori protestanti separati”. La Germania da alcuni mesi si sta occupando di un memorandum redatto da alcuni teologi cattolici che chiedono riforme a tutto campo.

“Per quel che mi riguarda lo trovo imbarazzante e basta: mi imbarazza il suo pathos strampalato, il suo concentrato di banalità, il suo piglio farsesco di protesta. Tutto suonava già strano negli anni Settanta del secolo scorso. A un documento simile non si può che reagire con sarcasmo. E’ singolare che oggi alcuni dei più stimati difensori della chiesa cattolica e del suo insegnamento si ritrovano tra i laici e non tra i teologi. Penso a Robert Spaemann, Matthias Matussek, Manfred Lütz, Alexander Kissler e Andreas Püttmann. Con loro sento un’affinità maggiore che con alcuni teologi falliti del ’68, così come con alcuni vescovi. E questo deve far riflettere sull’utilità della teologia attuale per la chiesa”.

La chiesa cattolica di lingua tedesca sembra trovarsi in una crisi crescente la quale, dice Ockenfels, “non si risolve né con memorandum né con dialoghi ‘strutturati’. E proprio per questo risulta irritante il fatto che dei professori scrivano un documento, nel quale non solo sono sbagliati i consigli terapeutici, ma anche la diagnosi è completamente fuori strada. Si tratta di un memorandum che cavalca i ben noti preconcetti. La ragione della crisi della chiesa cattolica, e cioè l’abbandono in massa della fede, non viene in alcun modo spiegato. Non ci si chiede il perché di questa consunzione della fede cristiana, di questa mancanza di bisogno di redenzione. E nemmeno cosa abbia originato gli abusi sessuali all’interno della chiesa. Metterli semplicemente in correlazione con il celibato, con una supposta ‘rigida’ morale sessuale della chiesa è sintomo di ignoranza e purtroppo anche di infamia. Tutto questo non ha più nulla a che vedere con l’analisi empirica. E la terapia che si poggia su tutto ciò ingigantisce anziché aiutare a estirpare il male”.

Certo, non tutti nella chiesa tedesca hanno posizioni univoche sui grandi temi: “Il tono psicologizzante che predomina attualmente nella chiesa, le formulazioni altisonanti, la strisciante ambiguità: tutto questo ha originato nel tempo grande irritazione e un problema di credibilità della chiesa. Tanto da rendere difficile capire da che parte stia oggi la stessa chiesa tedesca. Come nella politica, tutti cercano di svicolare da decisioni inequivocabili. Sono tempi in cui sempre più persone desiderano chiarezza. L’approssimazione non convince, disorienta ed è frustrante. Viviamo, anche sul piano della società e della politica, in tempi che necessitano urgentemente di decisioni: o così o così. Non si può essere insieme cattolici, protestanti o musulmani. Dai pastori della chiesa ci si dovrebbe aspettare unità, e poi una chiara presa di distanza dagli opportunisti che sono ancora convinti di poter trarre vantaggi da una posizione antiromana”.

Per Ockenfels la speranza della chiesa sono “i laici cattolici”. Dice: “Personalmente individuo la vera avanguardia della chiesa nei movimenti di stampo spirituale, dove sono i laici a dettare il tono teologico. Non sto parlando qui di quei profani cattolici di professione, che nei loro ‘Zentralkomitee’ si danno un sacco di arie. Alcuni di questi funzionari vorrebbero trasformare la struttura gerarchica della chiesa in una sorta di democrazia di base, sull’esempio della ‘Räterepublik’, la repubblica dei consigli. Un intento che dà alla loro parola d’ordine ‘Wir sind Kirche’ cioè ‘noi siamo la chiesa di base’, un carattere alquanto presuntuoso”. Certo, c’è anche tanta “miseria spirituale in giro. Una malattia ben presente dietro le ancora magnifiche facciate delle chiese. Per questo sarebbe bello se il Papa riuscisse a risollevare la fede dei tedeschi, allargare il loro orizzonte spirituale e far superare loro la rassegnazione paralizzante. Lo sguardo verso la chiesa universale libera dal provincialismo e dall’autoreferenzialità. Viviamo in tempi pericolosi, nei quali la fede viene messa alla prova e richiede spirito di resistenza. Ma forse saranno proprio queste difficoltà a indurre di nuovo alla preghiera, a incitare a trovare il coraggio di dichiararsi pubblicamente cattolici”.

Pubblicato sul Foglio giovedì 22 settembre 2011

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