lunedì 29 agosto 2011

30 AGOSTO
B. ALFREDO ILDEFONSO SCHUSTER
Vescovo



1. En, Ildefonse, laudibus
laetissimis te tollìmus,
tuum favorem seduli
dum quaeritamus caelicum.

2. Quam tu iuventa floridus
amplexus es iam Regulam,
hanc corde semper intimo
secutus es firmìssimus.

3. Pius, modestus, innocens,
intentus et scientiae,
oratìoni deditus,
pacem ferebas fratrìbus.

4. Quibus, ciente Spiritu,
cum praesul apte diceris,
virtutis offers iugiter
exempla pulchra et optima.

5. Tu caritatis percitus
zelique fiamma vivida,
ad sancta caeli culmina
fratres et omnes excitas.

6. Sit Trìnitatì gloria,
quam, te ìuvante, perpetim
cum gaudio videbimus,
tecum novantes cantica. Amen.

SECONDA LETTURA
Dagli scritti monastici del beato Alfredo lldefonso Schuster, vescovo (Dagli scritti)
Il monaco benedettino
Alla Messa in onore di san Benedetto e degli abbati in genere è assegnata quella pericope del Vangelo di Matteo, in cui san Pietro domanda al Signore: «Ecco, noi abbiamo abbandonato tutto, che cosa avremo in premio?». Rispose il Maestro: «Tutti voi che, abbandonando ogni cosa, vi siete posti alla mia sequela, nella rinnovazione, allorché il Figlio dell'Uomo si assiderà in trono nella gloria della sua maestà, prenderete posto su altrettanti troni, per giudicare anche voi le dodici tribù d'Israele. E chiunque per mio amore avrà fatto altrettanto lasciando ogni cosa propria, riceverà il centuplo anche in mezzo alle tribolazioni della vita presente, e conseguirà poi la vita eterna» (cfr. Mt 19, 27-29). Osserva san Pier Damiani che questa pagina del santo Vangelo è quella che ha presieduto alla fondazione di innumerevoli monasteri; è quella che ha popolato di anacoreti i deserti e le solitudini; è quella che ha inviato al cielo legioni di santi, santificando al tempo stesso tutta quanta la Chiesa militante. Purtroppo, i fedeli generalmente meditano poco questo brano evangelico, come forse non lo meditano abbastanza neppure i religiosi. Ecco donde trae origine un abbassamento di tono anche nel monachesimo.
San Girolamo osserva che molti filosofi nell'antichità greca hanno spregiato ed abbandonato i beni terreni, riducendosi a non possedere proprio più nulla; come fece, per esempio, Diogene, che gettò via siccome superflua persino la ciotola per bere alla pubblica fonte!
Ma la perfezione non sta qui; onde il Divin Maestro aggiunse a lode degli Apostoli: «E mi avete seguito». Ecco in che cosa propriamente consista la perfezione cristiana.
Rivestire la cocolla monastica e vivere in monastero; cantare i salmi in coro e processionare intorno al chiostro in ciascuna domenica; eseguire a perfezione un graduale, o un responsorio gregoriano: tutto questo non è ancora essere monaco.
E’ un buon monaco invece chi, eseguendo fedelmente tutto questo, attende soprattutto ad imitare Gesù, mite ed umile di cuore. Ecco perché alla fine del Medio Evo l'autore di un libro che contiene quasi la medulla della Santa Regola, volle imitarlo De Imitatione Christi.
Chi amorosamente segue Cristo ed abbraccia la sua Croce, tramite Regula, questi davvero è un buon monaco benedettino, il monaco appartiene alla categoria degli Angeli. Le sue occupazioni sono: l'esercizio delle opere di misericordia, la missione di pace, ed il sacrificio della Divina Lode.
Il concetto che lo stato monastico rispecchi in terra lo stato angelico è comune ai Padri di Oriente, i quali perciò chiamano addirittura angelico l'abito dei monaci perpetuamente a Dio consacrati. Gli Angeli che, secondo la leggenda, trasportarono da Alessandria al Sinai il corpo di santa Caterina, furono probabilmente i monaci, i quali ancor oggi lo custodiscono in quell'antichissimo cenobio ai piedi del Sacro Monte.
Considera, o monaco, la dignità tua. Indossi un abito angelico, professi una Regola Santa, sei compreso nella categoria degli Angeli, la tua vita ... dev'essere angelica. Si legge nelle storie del monachesimo egiziano che una volta il demonio si bisticciava con san Macario, al quale rimproverava l'inferiorità del suo stato: «In che cosa, o monaci, voi siete a noi superiori? Voi siete casti; ma noi non abbiamo neppure il corpo. Voi vegliate di notte; ma noi non conosciamo mai il sonno. Voi digiunate spesso; ma noi non gustiamo mai cibo alcuno. In che cosa, adunque, voi siete a noi superiori?». Rispose Macario: «Noi siamo umili, e voi siete superbi». Ciò udito, il diavolo, scornato, prese la fuga. Al pari degli Angeli, il monaco non ha più diritto alcuno sul suo corpo, se non quello di valersene per offrirlo in sacrificio al Signore, come fece Abramo col capretto ritrovato sul Moria.
A somiglianza degli Angeli, il monaco su questa terra né ha, né può avere mai il possesso dei beni materiali. Il suo possesso è il Signore, al quale detto col Salmista; «La mia porzione di eredita mio calice è il Signore: è lui che mi rende l'eredità (Sal 15).
Puro, umile e povero, che cosa manca al monaco perché sia un Angelo? “Monachus est angelus” perché, al pari degli Angeli, egli non è più di questo mondo ma ne vive quasi ai margini, affinché il mondo ne sia edificato.
Quando, col decorrere dei tempi e col modificarsi delle civiltà, i cristiani un giorno potranno domandare se il santo Vangelo è ancor oggi eseguibile la Chiesa mostrerà loro la vita religiosa in tutta la sua molteplice efflorescenza, dimostrando cosi perenne vitalità e l'attualità del Codice di Cristo

RESPONSORIO (Sal 15, 5-6; At 21).
II Signore è mia parte di eredità e mio calice, nelle tue mani è la mia vita.
Per me la sorte è caduta su luoghi deliziosi; * è magnifica la mia eredità.
Non ho desideralo né argento, né oro, né la veste di nessuno,
è magnifica la mia eredità.

ORAZIONE Dio onnipotente, che hai concesso al beato Alfredo Idefonso di edificare, come buon pastore, il gregge a lui affidato con le sue virtù esemplari, donaci di seguirne gli insegnamenti e di camminare senza incertezze sotto la guida del Vangelo fino a contemplarti nel tuo Regno eterno. Per il nostro Signore.

Deus, qui monasticae conversationis studio ac pastorali magni gregis cura beatum Ildefonsum (Alfredum) dedisti nobis esemplar insigne, ipsìus interventione concede, ut evangelicae perfectionis iter sedulo prosequamur, et ad fìdelium tuorum salutem semper impendamus affectum. Per Dominum.


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