sabato 30 luglio 2011

31 LUGLIO
S. IGNAZIO DI LOYOLA


P. KOLVENBACH
S. IGNAZIO E LA MESSA
OMELIA,
Festa di S. Ignazio
Roma, Chiesa del Gesù,
31 luglio 1985

I nostri occhi vanno al sepolcro di Sant'lgnazio, qui nella Chiesa del Gesù, dove questa sera celebriamo insieme la festa del Santo. Nulla di strano nel fatto che vi si rappresenti Ignazio rivestito della pianeta, perché in lui la celebrazione dell'Eucaristia si trova veramente al centro della sua mistica apostolica.

Prima di celebrare l'Eucaristia Ignazio ne aveva meditato, la vigilia, i testi liturgici e dopo la messa, passava volentieri due ore di ringraziamento. Poco importa degli affari o l'urgenza del lavoro apostolico: nessuno aveva il diritto di disturbarlo durante questo tempo privilegiato. Per rimanere, durante la giornata, unito al sacrificio eucaristico, Ignazio si faceva fare una finestra nella parete per poter vedere sempre l'altare e ricordarsi del mistero pasquale. I testimoni sono unanimi: durante la messa, che durava un po' più d'un'ora, Ignazio riceveva delle grandi consolazioni e un senso straordinario della Trinità all'opera nella storia degli uomini, nella vita della Chiesa, nell'intimità più profonda della sua missione personale. Così l'Eucaristia si imponeva a Ignazio in tutta la sua realtà pasquale, gioiosa e dolorosa, a tal punto che spesso Ignazio ne rimaneva esausto. Negli ultimi anni della sua vita Ignazio non celebrava che alla domenica e nelle feste, per la poca salute che non sopportava più — dicono le fonti — le spossanti visioni che accompagnavano la sua Messa. Nell'Eucaristia Ignazio moriva con il suo Signore per la vita dei suoi fratelli, per "aiutare le anime".

Per dei mesi Ignazio si era preparato prima di celebrare l'Eucaristia per la prima volta nella notte santa del Natale del 1538, davanti alla reliquia del Presèpe a Santa Maria Maggiore. Egli, che aveva tanto desiderato di rimanere in Terra Santa per "aiutarvi le anime" annunciando il mistero dell'incarnazione, celebrava a, Roma la sua messa sul mondo, obbedendo alla volontà di sua Di-vina Maestà. Tre anni più tardi, circondato dai suoi compagni, davanti all'ostia, Ignazio s'impegna a seguire il Signore povero, casto e obbediente, nella Compagnia di Gesù. Ancora oggi i gesuiti che mettono la loro vita esistenzialmente sotto il segno del pane spezzato e del sangue versato per la vita del mondo, ripetono i gesti dei primi compagni, compiuti a San Paolo fuori le mura.

Per dare delle Costituzioni a questa giovane compagnia Ignazio cerca l'ispirazione nelle molte messe che celebra; i passi più importanti hanno sempre ottenuto una conferma divina durante l'Eucaristia celebrata a questa intenzione. Questo amore per l'Eucaristia non poteva non trasmettersi ai compagni di Ignazio, che fanno l'esperienza di una medesima “fame eucaristica”, introducendo la messa quotidiana e la comunione frequente, anzi quotidiana. Fedele a questa tradizione spirituale l'ultima Congregazione Generale ha dichiarato che "la nostra vita, a esempio di quella d'Ignazio, è radicata nell'esperienza di Dio, che per mezzo di Gesù Cristo ci chiama, ci raccoglie in unità e ci invia in missione. L'Eucaristia è il luogo privilegiato in cui celebriamo questa realtà".

Questo amore per l'Eucaristia non poteva mancare negli Esercizi Spirituali. Infatti la contemplazione della Cena sarà chiamata il terzo fondamento degli Esercizi, dopo il Principio e il Regno. L'Eucaristia è posta come il punto centrale dove converge tutto il mio desiderio concreto di essere con il Cristo e da dove fluisce il compimento di questo desiderio nel mio cammino pasquale con il Cristo per mezzo della sua Eucaristia.

Comunicando con l'offerta di Cristo nella Cena la scelta per il cammino di Cristo assume il pieno significato di una conversione personale ed ecclesiale. Come ogni prodotto della natura non diviene nutrimento dell'uomo che per mezzo di una conversione, come il frumento non diviene pane se non è mietuto, trebbiato e macinato; cosi il Signore dicendo nella Cena “questo è il mio corpo" per essere nostro nutrimento di vita si vota alla morte che sola rende fruttuosa e compie una tale conversione. Questa conversione, è la passione pasquale — questo desiderio ardente di mangiare con noi tutti la Pasqua affinchè tutti passino dalla loro morte alla vita. Nessuna meraviglia allora che Ignazio lottasse nell'Eucaristia quando lasciava prendere ciò che aveva e ciò che era per essere convertito, non ai suoi propri progetti e alle sue scelte generose, ma ai sentimenti che furono quelli di Cristo nella sua Passione. Per mezzo dell’ Eucaristia la vita di Ignazio diviene l'esodo di una persona naturalmente egoista e limitata, convertita in nutrimento "per voi e per molti". E nell'Eucaristia che le parole e i pensieri, i desideri e le aspirazioni che gli Esercizi suscitano, divengono esistenzialmente il corpo e il sangue, la cruda realtà delle nostre vite nella realtà crocifiggente e risorgente di Cristo. Comunicarsi significa allora volere che la storia concreta delle nostre vite personali e comunitarie sia afferrata e trasformata dalla storia pasquale del Signore Gesù, che continua la sua passione fino alla fine dei tempi. In questa congiunzione che solo l'Eucaristia compie, Iqnazio ha scoperto la sorgente sua spiritualità e del suo apostolato. Talvolta leggendo il suo Diario il lettore s'accorge che Ignazio è attirato dagli sguardi in alto, dal cielo tutto alto. Ma l'Eucaristia gli ricorda quella parola che gli apostoli ascoltavano il giorno perché guardate in alto, il cielo? È ben giù, nel quotidiano, di tutti i giorni con le sue gioie e le sue pene che il pane e il vino simbolizzano, che la Trinità vuole essere scoperta, adorata e servita, all'opera per noi. Così Ignazio non cerca più l'unione con la Trinità in alto, nel sempre più alto, di un idealismo puro o di un'interiorità tutta pura, ma nella comunione del pane e del vino che la passione del Signore converte in opera della Trinità. Dopo che il Signore Gesù, la vigilia della sua passione, ha preso il pane perché si desse amorosamente in nutrimento di vita per tutti, ogni mistica si compie attraverso il corpo pesante, umiliante e umiliato dell'uomo. C'è una preghiera eucaristica più sublime e più umile di quella del Principio, che osa mettere sulla patena la nostra brama di "non voler più la salute che la malattia, più la ricchezza che la povertà, più l'onore che il disonore, più la vita lunga che quella breve desiderando e scegliendo unicamente il cammino della Passione dei Signore che l'Eucaristia non cessa di compiere tra noi? C'è una preghiera eucaristica che osi "altamente e umilmente" tradurre il "questo è il mio corpo" quale quella della fine degli Esercizi: lasciar prendere dal Signore libertà e memoria, intelligenza e volontà, avere ed essere per ricevere il dono d'amore e di grazia che è tu stesso, il corpo di Cristo, il sangue di Cristo per la vita del mondo? L'Eucaristia, "che questa mi basta".

Un critico d'arte ha notato che le vesti sacerdotali - la pianéta che Ignazio porta sono e devono essere le vesti più belle perché devono nascondere tanta debolezza e povertà umana. A una certa epoca della sua vita lgnazio aveva l'abiludine di far seguite la sua firma da questa misterjosa espressione: “de bontad pobre", povero di bontà, povero in amore. Anche Ignazio non ha che cinque pani e due pesci e ciononostante la missione del Signore di nutrire la folla. Ignazio allora attinge nell'Eucaristia la fede nella lenta conversione eucaristica del mondo, una fede che accetta di camminare lungamente e pazientemente con ogni uomo, perché scopra anche lui questa conversione di tutta la sua libertà in amore eucaristico, vi attinge una speranza che attende malgrado le apparenze l'avvento di Colui che l'Eucaristia celebra finché egli venga; ma soprattutto vi attinge l'amore che "già" e "non ancora" ha preso Ignazio e si è trasformato per mezzo dell'Eucaristia in un ardente desiderio di servire "ovunque nel mondo dove il Vicario di Cristo ci invierà".

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