mercoledì 15 giugno 2011

16 GIUGNO
SAN GIOVANNI FRANCESCO REGIS,
sacerdote



San Giovanni Francesco Regis nacque a Fontcouyerte (Aude, Francia) il 31 gennaio 1597. Sacerdote della Compagnia di Gesù, unì un'intensa vita di preghiera a un grande ardore apostolico. Consacrò la sua vita ai piccoli e agli infelici e fu soprannominato «padre dei poveri». Predicò numerose missioni popolari, particolarmente nelle campagne del Velay e del Vivare-se. Durante una di queste missioni che morì a La Louvesc, nelle Ardenne, il 31 dicembre 1640.

SECONDA LETTURA
Dal «Commento sul Vangelo di San Matteo» di San Girolamo, Sacerdote e Dottore della Chiesa
(Lib. 1, e. 9: PL 26, 1845, 60)
La messe abbondante è la moltitudine dei credenti
Gesù percorreva tutte le città e i villaggi, insegnando nelle loro sinagoghe, predicando il Vangelo del Regno. Vedete, predicava sia nelle frazioni, che nelle città e nei villaggi; in altre parole, portava il Lieto Annunzio ai grandi e agli umili. Non prendeva in considerazione la potenza dei nobili, ma aveva in vista soltanto la salvezza dei credenti. Percorreva le città: suo compito era l'adempimento della missione che il Padre gli aveva affidato; sua fame era salvare, con il suo insegnamento, coloro che non erano ancora giunti alla fede. Insegnava, dunque, il Vangelo del Regno nelle sinagoghe e nei villaggi; e dopo aver predicato e insegnato, curava ogni malattia e ogni infermità per convertire con le opere coloro che non era riuscito a convincere con la parola. Soltanto del Signore si dice che curava ogni malattia e infermità, perché solo a lui niente è impossibile.
Vedendo le folle ne sentì compassione. Quando il gregge, le pecore, le folle soffrono, la causa è da cercare nella mancanza di maestri. Perciò Cristo aggiunge subito: La messe è molta, ma gli operai sono pochi! Quando dice messe abbondante, allude alla moltitudine dei popoli; e quando aggiunge gli operai sono pochi denuncia il numero insufficiente de pastori. Gesù dà l'ordine di pregare il Padrone della messe che mandi operai alla sua messe! Di questi operai parla il salmista quando dice: Chi semina nelle lacrime mieterà con giubilo. Nell'andare se ne va e piange, portando la semente da gettare, ma nel tornare, viene con giubilo, portando i suoi covoni. Per esprimermi con maggior chiarezza: La messe abbondante è l'insieme della moltitudine dei credenti; il piccolo numero degli operai, sono gli Apostoli e anche coloro che, a loro imitazione, sono inviati a raccogliere la messe.

RESPONSORIO
Mandaci, Signore, * annunceremo la tua parola.
Come il Padre ha mandato me, così io mando voi.
Voi sarete miei testimoni fino alle estremità della terra.
Annunceremo la tua parola.

ORAZIONE Dio onnipotente, tu hai messo in cuore a san Giovanni Francesco Regis il desiderio di consacrarsi senza misura all'annunzio del Vangelo e al servizio apostolico; fa' che, a sua imitazione, sappiamo cercarti nell'orazione e trovarti nel servizio ai fratelli. Per il nostro Signore.


Lettera del P. Generale, P. Peter-Hans Kolvenbach S.J., del 9 gennaio 1997, nel quarto centenario dalla nascita di San Giovanni-Francesco Régis

Cari Padri e Fratelli,
la notte del Natale che abbiamo appena celebrato, in molte chiese del Sud della Francia si è inaugurato l'"Anno Régis"; sarebbe quindi auspicabile che tutti i gesuiti sparsi nel mondo si ricordino di questo loro compagno, Giovanni-Francesco Régis, nato il 31 gennaio 1597, esattamente quattro secoli fa. Quando egli morì, all'età di 43 anni, il 31 dicembre 1640 a Lalouveche nel Vivarese, aveva fatto risuonare la Buona Notizia di Cristo nei villaggi di questa Regione montuosa, indubbiamente una delle più provate della Francia di quei tempi, con un ministero eccezionale durato meno di dieci anni.

Dopo la formazione classica, durante la quale per qualche anno insegnò la grammatica nei collegi, prevalse il gusto di annunciare la Buona Notizia e fu inviato nei villaggi trascurati e dimenticati da tutti delle Cevennes, del Velay, e del Vivarais. Si imbatté subito nelle profonde divisioni e negli odii provocati dalle guerre di religione che opposero la Chiesa cattolica alla Riforma. I tempi non erano ancora maturi per un dialogo interreligioso ed ecumenico, ma in questo ambiente carico di sospetti e di violenza, egli incarnò il ministero del perdono e della riconciliazione di Cristo (CG 34, d. 6, n. 14 [171]). Nei villaggi continuamente esposti al flagello della peste, alle ingiustizie, alla miseria materiale e morale, il P. Régis con tutta semplicità, in nome di Colui che lo mandava ad evangelizzare i poveri, si fece carico dei problemi concreti della gente: procurare il pane e distribuire la minestra, lottare contro la disoccupazione delle merlettaie, strappare le prostitute ai loro sfruttatori, visitare gli infermi e i carcerati, difendere i deboli dai capricci dei signori e degli usurai. Tutte queste iniziative sociali erano modi concreti di dare forma alla Buona Notizia di Cristo, rendendolo presente accanto ai poveri, nei vicoli più sordidi delle città come sulle pubbliche piazze dei villaggi.

Il carisma di Régis non era fondare delle opere oppure organizzare dei gruppi: non ne aveva il tempo. Ma la sua presenza, pur così breve, fu ricca di tante iniziative e piena di una carità talmente comunicativa da far nascere delle organizzazioni sociali di solidarietà. È ciò che le autorità civiche del Puy affermarono quando, con frase lapidaria, dissero: "Ci ha insegnato come praticare l'amore verso il prossimo".

Vedendo all'opera San Giovanni-Francesco Régis, difensore dei poveri e apostolo dei villaggi di montagna, si scopriva subito Colui che l'aveva inviato e si comprendeva che lo scopo della sua missione era la proclamazione della Buona Notizia in quella Regione che non conosceva più il Cristo o lo conosceva male. Utilizzando al meglio il tempo di cui disponeva, egli parlava con calore di questo Cristo, il Vivente, per il quale nella vivacità del suo slancio egli aveva tutto scommesso, tutto abbandonato, annunciandolo nelle sue catechesi con le quali instancabilmente e generosamente animava una vita sacramentale ritrovata. Vivendo in umiltà la sua missione con tutto il suo essere, poteva dedicarsi alle realtà sociali senza sacrificare i suoi compiti pastorali, riflesso della sua familiarità con Colui che lo mandava, e senza rinunciare a tutta la ricchezza umana propria del suo temperamento meridionale.

Seguendo il suo Signore lungo il cammino pasquale, Régis non si meravigliava di imbattersi nella sua missione in calunnie e persecuzioni, di trovare resistenze da parte di responsabili diocesani poco propensi a vedere mutato un ordine precostituito, o da parte di Superiori pusillanimi e di corte vedute.

Régis sapeva dal suo maestro Ignazio che la risposta ai bisogni delle persone che si trovavano in difficoltà non doveva venire solo da lui, ma gli sarebbe stata suggerita dal Signore, dal quale doveva sempre partire l'iniziativa. Per due volte era giunto alla convinzione che Dio lo chiamasse alla nuova missione del Canada, e chiese di esservi mandato. Vedendo però che la sua richiesta non era esaudita, nel 1640 scrisse al Padre Generale per chiedergli che la rude vita apostolica che egli conduceva da anni fosse riconosciuta come la sua missione: "Chiedo che mi sia permesso di percorrere, assieme a un nostro Fratello, le campagne, e di spendere in questa attività itinerante il resto della mia vita per la salvezza della povera gente". Certo egli poteva sempre insegnare il catechismo nella città di Puy. Ma il suo maggior servizio era altrove perché, come egli scrive: "Qui vi è pane in abbondanza, mentre i poveri montanari muoiono di una fame spaventosa". E commentando il rifiuto che era stato dato alla sua domanda per la missione del Canada, Régis chiude la sua lettera con una battuta: "Questa domanda di missione [tra i contadini] spero non faccia la stessa fine di quella per il Canada!". Il P. Generale, M Vitelleschi, rispose immediatamente: "Il vostro progetto di evangelizzare le campagne è santo e auspicabile, e io l'approvo con entusiasmo".

Così San Giovanni-Francesco Régis poté continuare la sua missione con santa audacia e anche "con una certa aggressività apostolica" (CG 34, d.26, n. 27 [561]) fino al Natale del 1640 quando, dopo essersi smarrito in una tormenta di neve, si ritrovò sommerso da una folla di montanari convenuti da ogni parte a Lalouvech per ascoltare da lui la spiegazione del mistero del Natale. Nonostante il suo sfinimento, egli accolse tutti quelli che vollero vederlo per ricevere l'assoluzione; fino al momento in cui, la sera del 31 dicembre, egli non vide più i poveri che venivano da lui ma Colui che l'aveva mandato in mezzo a loro e - secondo le sue parole - "gli apriva le porte del Paradiso" e l'accoglieva.

L'attività apostolica di San Giovanni-Francesco Régis, che commemoriamo in unione con le chiese e i gesuiti di Francia che celebrano l'"Anno Régis", può stimolarci a una lettura e a un'attuazione dei decreti dell'ultima Congregazione Generale riguardanti la nostra missione. Servitore della missione di Cristo, partecipe delle sue sofferenze e del suo amore preferenziale per i poveri, ci insegna come anche noi possiamo esserlo, ciascuno a modo proprio; assumendo la nostra parte nella missione evangelizzatrice della Chiesa, per una evangelizzazione integrale in cui la Buona Notizia si annunci attraverso i molteplici gesti dell'amore verso tutti, e si incarni nelle varie dimensioni dell'esistenza umana. Régis ce ne dà l'esempio e ci precede su questa via.

In maniera forse paradossale, egli può anche guidarci nella nostra missione di evangelizzazione della cultura. Ascoltando la gente che gli parlava delle proprie gioie e delle proprie pene, e volendo annunciare loro subito il Vangelo usando la stessa loro lingua, gli stessi modi di sentire e di esprimersi, in pratica egli lavorava per inculturare la Buona Notizia, facendosi persino talvolta rimproverare perché usava un linguaggio tanto rozzo da essere indegno di un gesuita che si rispetti. Ma in questo modo egli annunziava tutta la Buona Notizia e nient'altro che la Buona Notizia, senza dimenticare che il suo parlare doveva fare i conti con ben altri messaggi e con ben altri valori (CG 34, d. 26, n. 5 [539]), capaci di sedurre quei contadini. Per quanto limitata fosse la sua missione, ristretta a un minuscolo e arretrato angolo della vigna del Signore, egli vi si dedicò con slancio apostolico e con tutto se stesso. In questo modo Régis non ci addita forse la via per colmare oggi, nelle città e nei crocevia del nostro mondo, la fossa che è stata scavata tra la Buona Notizia e la cultura (CG 34, d. 4, n. 2 [76])? Che sia questa la grazia che dobbiamo attenderci come frutto dell'"Anno Régis"?

Fraternamente vostro nel Signore Gesù

PETER-HANS KOLVENBACH, S.I.

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