lunedì 11 aprile 2011


Voglia di MISERERE:
raccontami che è possibile cambiare


Con l'affacciarsi variopinto delle primule, con l'umile fioritura delle mammole, con la giovinezza rinnovata di mandorli e peschi, con il verso dei merli la mattina quando è ancora buio, con il freddo luminoso dei tramonti di febbraio, con quel profumo inconfondibile di fresie, avorio sul muschio in cima ai muri di tufo sconnesso, mi nasce dentro, Signore, proveniente dal sangue di generazioni passate, una incontenibile voglia di MISERERE.

Le parole di Davide pentito mi salgono alle labbra come un canto antico miste a lacrime calde di debolezza e speranza, e mi invitano ad uscire dalla stanza dell'amante, dai templi-cimitero di idoli bugiardi, per ritornare a Te, unico, vero Dio.

Mi scopro ancora amato e cercato, perdonato, con lo stupore incantato di un mendicante che, al colmo della disperazione, sente scorrere nelle sue vene sangue regale e ricorda di essere stato un tempo a corte come figlio del Re.

Esco per strada come un malato dopo lunga degenza, come un morto dal suo loculo freddo e cerco altri, gli amici che con me l'anno scorso hanno gridato con me Miserere, sentendo ad ogni strofa una ventata di grazia, ad ogni prova una overdose di giovinezza.

Le strade sono già affollate di malati-risorti come me che si sentono chiamati, attratti da una forza incontenibile che il lunedì e venerdì li convoca in Basilica come ad un appuntamento atteso da tempo. Grazie, Signore, per la presenza degli altri: mi aiuta a svuotare il sacco con semplicità, mi rende più facile l'umile confessione del mio peccato l'essere inserito in un popolo di malati.

Grazie per le parole e le note del Miserere sillabate con cura come chi non voglia perdere neppure una virgola, un accento, una pausa, una gemma del prezioso diadema. Ancora una volta, attraverso la tormentata vicenda di Davide peccatore perdonato, raccontami che è possibile cambiare, che la colpa non è l'ultima parola, che "un cuore affranto e umiliato" Tu non lo respingi, che un depravato come me non ha ancora perso il treno per la santità.

Grazie, Signore, per la neve caduta a marzo che mi ha fatto svegliare con un velo di lino sul giardino e ha vestito segretamente case e strade di un meraviglioso strascico nuziale.
Mi sarà più facile quest'anno cantare "Lavami e sarò più bianco della neve"!
Inaspettatamente e silenziosamente, come quella nevicata, tu mi vesti di bianco e mi doni una innocenza mai avuta prima.


Signore, apri le mie labbra e la mia bocca proclamerà la tua lode. Rendimi strumento per me e per tutti i miei compagni di pellegrinaggio della grazia che tu vuoi distribuire senza misura: grazia di luce e di pace, grazia di perdono e di novità pasquale, grazia di pietà e di propositi santi. In Basilica gli angeli della balaustra di marmo hanno già assunto uno sguardo attonito e di pianto, invitano a guardare la Croce da cui pendi come frutto maturo, dicono che è ora, sul quadrante del Tuo Cuore è già scoccata l'ora della misericordia. Fa' che non vada sciupata questa occasione di luce, quest'ora di grazia, questa santa voglia di MISERERE. Amen.

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