sabato 9 aprile 2011

Affari sacrestaneschi (e non)
nel tempo di Quaresima
Da liturgiaculmenetfons.it  sulla preparazione delle Chiese nel Tempo di Quaresima.


-Aspetto penitenziale della chiesa
“In Quaresima non sono ammessi i fiori sull’altare e il suono degli strumenti è permesso soltanto per sostenere i canti, nel rispetto dell’indole penitenziale di questo tempo” (Paschalis sollemnitatis, n. 17)


Ferrandina Chiesa Madre: Tempo di Passione 2011
-Il colore violaceo
Il colore liturgico proprio della quaresima è il violaceo. Conviene che di questo colore siano non solo gli abiti sacri (stola, casula, piviale, tunicella, velo omerale), ma anche il conopeo del tabernacolo e dell’ambone, e altre eventuali stoffe che adornano il presbiterio e la chiesa.

-L’assenza dei fiori
“Nel tempo di Quaresima è proibito ornare l’altare con i fiori. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di Quaresima), le solennità e le feste” (Ordinamento Generale del Messale Romano, 2004, n. 305).

Anche l’assenza dei fiori costituisce un segno tipico della Quaresima. Sono permesse tuttavia piante verdi. Questa norma non è formalismo, ma uno strumento educativo, affinché i fedeli siano richiamati visivamente all’austerità del cuore, della mente e della vita in vista di una purificazione dello spirito, mediante la penitenza e la conversione. L’assenza dei fiori richiama il deserto biblico, che riporta l’uomo all’essenzialità delle cose, richiama l’attenzione a ciò che ha valore e dispone alla verifica dei fondamenti stessi dell’esistenza umana e cristiana.

“…Il deserto contribuisce a formare la psicologia dell’uomo in due modi: sviluppando in lui, prima l’idea dell’onnipotenza di Dio e poi quella della impotenza e nullità dell’uomo. Nel deserto le stelle sembrano così vicine che si ha l’impressione di poter arrivare fin su nel cielo a distaccarle. Non v’è anima viva, né animali, né ciuffo d’erba o un cespuglio su cui riposare lo sguardo. Non v’è se non il cielo cui l’anima possa aggrapparsi in quella solitudine desolata, e, dal momento che nel deserto gli occhi guardano molto il cielo e poco la sabbia, è molto naturale che si rimanga profondamente colpiti dalla onnipotenza di Dio. Un secondo effetto del deserto è il senso di assoluta insufficienza dell’uomo. E’ assurdo confidare in se stessi, perché nel deserto si è soli, impotenti. Quando l’acqua viene a mancare, solo Dio può guidare verso l’oasi salvatrice, La sovranità di Dio è tutto e davanti a Lui tutto scompare. Così, fatalmente, l’Oriente islamico è caduto nel suo peccato, come l’Occidente è caduto nel proprio. Il peccato del mondo orientale è di ritenere che Dio fa tutto e l’uomo nulla, come il peccato dell’Occidente è credere che l’uomo fa tutto e Dio nulla” (FULTON J. SHEEN, La crisi del mondo e la Chiesa, ed. La Tegnografica, Varese, 1956, p. 34-35)

Occorre naturalmente condurre i fedeli dal segno al suo significato e continuamente educarli alla lettura spirituale del linguaggio simbolico previsto dalla liturgia, in vista della applicazione nella vita del messaggio che nei segni è offerto. E’ questo il compito della catechesi liturgica, che ripropone oggi l’antica mistagogia dei Padri: attraverso i riti e le preci avviene l’iniziazione al mistero.

E’ tuttavia necessario che l’austerità quaresimale sia un segno vero, motivato ed incisivo. Affinché sia vero, occorre che sia realizzato con determinazione e buon gusto. Perché sia incisivo, bisogna curare una reale assenza di fiori, che non ammette eccezioni in occasione di funerali, matrimoni o altre evenienze. I fiori che vengono portati in queste circostanze devono essere tolti dopo la celebrazione e trasferiti fuori dell’ambito della chiesa. Anzi sarà opportuno che i parroci spieghino per tempo ai fedeli il senso del segno dell’austerità quaresimale, li invitino alla sobrietà e li orientino a devolvere il denaro in opere di carità.

E’ tuttavia conveniente che una sobria presenza di fiori metta in evidenza la croce penitenziale nella seconda domenica di Quaresima, per dar espressione alla luce della risurrezione, che già risplende nella gloria della trasfigurazione. Nella quarta domenica di quaresima, detta domenica “Laetare”, i fiori potranno adornare con misura l’altare della celebrazione per annunziare la gioia della Pasqua, ormai vicina. In questa domenica è bene indossare gli abiti color rosaceo e far gustare all’assemblea la letizia della Pasqua imminente, anche col suono dell’organo.

“…Sembra che a Bisanzio nella III domenica di Quaresima si celebrasse una festa in onore del S. Legno della Croce, a cui si tributava un omaggio di fiori. A Roma se ne volle imitare l’esempio, e in questa domenica il Papa si recava alla basilica stazionale di S. Croce, dev’era conservata una insigne porzione della vera Croce, tenendo in mano una rosa d’oro, profumata di musco, in signum passionis et resurrectionis D. N. J. C.,con la quale intendeva rendere all’insigne reliquia lo stesso ossequio che la Maddalena aveva tributato ai piedi del Salvatore nella cena di Betania. Pp. Leone IX, nel primo documento conosciuto a riguardo della Rosa aurea (1049), dice espressamente che essa è offerta in omaggio alla Croce: Quia eo tempore victoria recensetur D.N.J.C. qui in te passus est, o Crux sacratissima, tunc timenda, nunc appetenda et molenda” (RIGHETTI, vol. II, p.168).

-L’assenza del suono dell’organo
“In tempo di Quaresima è permesso il suono dell’organo e di altri strumenti musicali soltanto per sostenere il canto. Fanno eccezione tuttavia la domenica Laetare (IV di Quaresima), le solennità e le feste” (Ordinamento Generale del Messale Romano, 2004, n. 313).

Nel tempo di Quaresima il suono dell’organo e degli altri strumenti musicali ammessi deve solo accompagnare il canto. Non si suona quindi l’organo prima e dopo la celebrazione, né si fanno preludi entro la celebrazione stessa. Questa disposizione potrà sembrare limitativa, tuttavia, senza questi accorgimenti, osservati con fedeltà, il segno dell’assenza del suono dell’organo sarà inefficace, e non sarà percepito dalla comunità. Conviene far sì che questa sobrietà musicale vi sia anche fuori delle celebrazioni liturgiche, evitando in questo tempo, in chiesa, concerti, manifestazioni e uso dell’organo e degli strumenti musicali non consoni con lo spirito quaresimale. Infatti la chiesa deve aiutare ad entrare nel mistero del tempo anche il fedele che vi si reca da solo per la preghiera e la meditazione personale nel corso della giornata. Si informino debitamente i fedeli che in Quaresima dovessero celebrare particolari eventi di gioia, come il matrimonio o altri anniversari, di rispettare con prudenza e carità il clima liturgico che sta vivendo la Chiesa.

 

-La velazione delle immagini
“L’uso di coprire le croci e le immagini nella chiesa dalla domenica V di Quaresima può essere conservato secondo il giudizio della conferenza episcopale. Le croci rimangono coperte fino al termine della celebrazione della passione del Signore il Venerdì santo; le immagini fino all’inizio della veglia pasquale” (PS, n° 26; cfr. anche CONSILIUM AD EXEQUENDAM COSTITUTIONEM DE SACRA LITURGIA, Commento alla riforma dell’anno liturgico, in Enchiridion Vaticanum, Documenti ufficiali della Santa Sede, Bologna, ed. ED, 1990, vol. Supplemento 1°, n. 273).

La liturgia della Chiesa educa il popolo santo di Dio con le diverse e complementari espressioni del linguaggio umano: non solo la parola, ma anche il simbolo, il gesto, il movimento, la varietà degli oggetti, dei colori, dei profumi e degli addobbi. In tal modo la celebrazione crea un evento globale, che avvolge l’assemblea in un concerto armonico di linguaggi e di espressioni eloquenti in ordine all’annunzio del Mistero celebrato in un ambiente pervaso da sacralità e nobiltà di forme. Ecco il senso del segno austero della ‘velazione’ degli altari, che la Chiesa prevede nella parte terminale della Quaresima, quando s’avanza ormai severo e grandioso il Mistero della Croce. I fedeli, che in questi santi giorni entrano in chiesa ricevono con immediatezza il senso degli eventi incombenti: la cerchia dei nemici che si stringe intorno al Signore, l’incomprensione e il tradimento degli Apostoli, la tristezza del cuore del Divin Maestro e il suo ‘andarsene e nascondersi da loro’ (Gv 12, 36).

Secondo la decisione della conferenza episcopale del triveneto, ad esempio, è lasciato alla discrezione di ogni parroco l’applicazione di questa tradizione (Cal. lit. dioc. 2010-2011, p. 118). Se la chiesa si adatta e lo si vede utile, si potrà riprendere questo costume, nel modo tradizionale o anche con una certa libertà ispirandosi all’uso antico e ad altri riti. Il rito ambrosiano, ad esempio, non prevedeva mai la copertura delle croci, e la velazione delle immagini veniva fatta già con la prima domenica di Quaresima.

“Essa deriva probabilmente dall’antica usanza, già attestata nel IX secolo, di stendere a principio della Quaresima un gran velo dinanzi all’altare, detto in Germania ‘panno della fame’, che lo nascondeva interamente agli occhi dei fedeli, e che veniva rimosso alle parole velum templi sissum est della Passione del mercoledì santo. Lo scopo di esso, secondo taluni, era pratico; il popolo, che non aveva calendario, doveva con ciò essere avvertito che si era in Quaresima. A giudizio del P. Thurston, il velo quaresimale voleva essere un ricordo dell’antica espulsione dei penitenti dalla chiesa. Quando la disciplina della penitenza decadde, ma nella Quaresima tutti i fedeli, coll’imposizione delle ceneri, vennero considerati messi spiritualmente in penitenza, non fu più possibile naturalmente farne l’espulsione dalla chiesa come una volta, ma si volle nascondere loro la vista del Sancta Sanctorum, per separarli in certo modo dal Santuario, fino a che nella Pasqua non si fossero riconciliati con Dio. Per un principio analogo, nel basso medio evo, molte Chiese usavano ricoprire sin dal principio della Quaresima le immagini e la Croce processionale, come si fa tuttora nel rito ambrosiano. La regola di limitarlo al tempo di Passione è recente; comparisce dapprima nel secolo XVII col Cerimoniale dei Vescovi” (RIGHETTI, vol. II. p. 175-176).

In tal modo si ritma il graduale entrare della Chiesa nel mistero della Passione del Signore. Le immagini così velate, rimarranno tali fino alla sera del Sabato santo, quando si preparerà la chiesa per la Veglia pasquale.


-La Croce penitenziale
Il simbolo principale, che dovrebbe emergere nel tempo di Quaresima, è la Croce penitenziale. Infatti la croce è la meta e la via della Quaresima. Come fu per Cristo, così è per la sua Chiesa. La croce penitenziale è semplice, di legno, senza il crocifisso e senza decorazioni. Deve essere sufficientemente grande per esser vista da tutta l’assemblea, non troppo grande, né troppo pesante, per poter essere comodamente portata dal sacerdote nelle processioni penitenziali e nella “Via crucis”. Essa fa il suo ingresso nella chiesa con la processione penitenziale il Mercoledì delle Ceneri. Da allora, posta su di un ceppo in un luogo ben visibile, “presiede” l’assemblea liturgica per tutto il tempo di Quaresima e ogni giorno riceve la venerazione dei fedeli:
“Ecco la croce del Signore:
è stoltezza per quelli che vanno in perdizione,
è potenza di Dio per quelli che si salvano!
Gloria a te vessillo di salvezza!”
(1Cor 1, 18 e LO, dalla liturgia del 14 sett.).

La croce precede le processioni stazionali e il pio esercizio della “Via crucis”. Infine, dopo aver guidato simbolicamente il cammino quaresimale del popolo pellegrinante, si congeda da esso alle soglie della settimana santa, quando l’attenzione si poserà sulle varie fasi del Mistero pasquale del Signore. Presso la croce possono venir accese, successivamente ogni domenica, cinque lampade, che ricordano le cinque piaghe del Signore e il crescente amore ed adesione della Chiesa al mistero del crocifisso.

La croce, senza il crocifisso, ricorda ai fedeli che è necessario esser crocifissi con Cristo per poter partecipare alla sua gloria. Infatti “Certa è questa parola: se moriamo con lui, vivremo anche con lui” (2Tim 2, 11). Stretta attorno alla croce nel tempo di Quaresima l’assemblea cristiana appare come il popolo ebreo nel deserto, che insidiato dai serpenti velenosi, ossia dal peccato, guarda con fede a Cristo innalzato sul legno per la nostra salvezza e ne ottiene risurrezione e vita.

(da L’Anno liturgico – Mistero, grazia e celebrazione, ed. Vita Trentina, 2001).

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