sabato 19 agosto 2017

nuova virilità

Festa Patronale di S. Bernardo
20 agosto 2016
 
 
 
 

Siracide 15: 1-6
Salmo 15
Giovanni 17: 20-26


          Sia lodato Gesù Cristo! Sempre sia lodato!
          San Bernardo! Prega per noi!

“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".

Nel mondo, nel nostro mondo, vi sono persone controverse, controverse in tutti e due sensi: in bene o in male. Tra figure o personalità di fama pubblica, specialmente in campo politico, spesso purtroppo queste persone controverse sono così in male: sono malfamate, come si suole dire. Il santo patrono di questa parrocchia, San Bernardo di Chiaravalle, era anche lui una persona pubblica e anche lui è stato controverso in vita e ancor di più nella storia. Generalmente possiamo dire che le controversie attorno alla sua persona e al suo insegnamento sono state controversie in bene. L’unica grande eccezione sarebbe stata circa la sua predicazione in favore delle crociate, per la riconquista della Terra Santa. Il tema delle crociate è uno che in tanti libri di storia getta ombra sulla persona di San Bernardo e sì, mette in questione la sua saggezza e le sue virtù eroiche.

          Personalmente, trovo ingiuste le squalifiche depositate davanti alla porta di San Bernardo, questo grande santo e dottore della Chiesa. Possiamo dire che quando si trattano di giudizi storici anche un santo può sbagliare. L’infallibilità, come tale, spetta in primo luogo al Papa quando insegna ex cathedra e poi all’assemblea dei vescovi radunati in concilio ecumenico quando insegnano con il Papa in materia di dottrina o morale. L’infallibilità non è una caratteristica della santità e vi sono molti casi nella vita dei santi di scelte che risultano alla storia infelici se non errati. Dico questo solo per sottolineare che non vedo perché la questione del ruolo di San Bernardo nella promozione delle crociate deve gettare ombra sull’integrità e grandezza spirituale di questo santo.

Il vero dono di San Bernardo alla Chiesa dei suoi tempi e attraverso i secoli fino ad oggi, il suo dono a ciascuno di noi, figli e figlie della Chiesa, è un altro. Storicamente, egli non solo ha riformato l’Ordine Cistercense, ma ha fatto fiorire la fede Cattolica nel mondo dei suoi tempi. Bernardo ha rispecchiato Cristo in modo vitale per tutto il suo mondo: per la sua propria famiglia e per le sue conoscenze, per tutta la società al di là delle mura dei monasteri che egli ha fondato. Possiamo dire di San Bernardo nelle parole di Gesù nel Vangelo di oggi: “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".

          Credo che San Bernardo di Chiaravalle sarebbe contento con il mio riassunto in queste poche parole (sintetizzando, ovviamente) del suo contributo alla vita della Chiesa e cioè: egli ha fatto conoscere il nome di Dio. San Bernardo ha fatto conoscere il nome di Dio. Questo vuole dire che attraverso il suo ministero e testimonianza, molti hanno conosciuto l’amore di Dio Padre attraverso il Suo unico Figlio, il Salvatore del mondo. Mi esprimo così per far intendere che il vero dono della riforma Cistercense al mondo non è stato l’apertura di nuovi monasteri, di nuove case religiose, non è stata la riorganizzazione sociale che ha portato la luce del Vangelo al sistema feudale, ma soprattutto il fuoco che San Bernardo ha portato sulla terra, la passione per la sequela di Cristo che non solo ha aumentato il numero delle vocazioni maschili e femminili alla vita consacrata, ma che ha acceso la lampada della fede nella società civile e in seno alle famiglie del suo giorno. “E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".

          San Bernardo di Chiaravalle ha portato il mondo al di là del quotidiano, sì, l’ha condotto di là del mediocre. La vita umana, la nostra vita è mediocre se non incentrata su Dio, se non conosciamo o non diamo prova di conoscere il Suo santo Nome. Il mediocre non solo non ispira, ma logora e porta con se una certa disperazione. Questa non è la nostra sorte in Dio. Ma purtroppo a volte ci accontentiamo con troppo poco, scegliendo il creato a dispetto o a scapito del Creatore e Salvatore del mondo. Purtroppo, sovente anche tra i battezzati vi sono atei pratici, gente che nella vita quotidiana non dà prova di conoscere il nome di Dio.

          Quando parlo così, penso soprattutto ai bambini che non hanno imparato in infanzia a casa le loro preghiere, che non hanno il senso della presenza di Dio in Gesù Cristo nella propria vita di ogni giorno. Sto pensando di tutti che crescono senza un vivo senso dell’amore per ciascuno di noi di Maria, Madre di Dio e nostra Madre.

Non so se avete avuto eco qui in parrocchia del nuovo gioco POKEMON GO che ha preso per assalto una bella parte del nostro mondo? A me sembra una cosa di questo mondo mediocre; si tratta di un passatempo senza scopo utile. A Berna si vedono gruppi soprattutto di giovani seduti gli uni accanto agli altri su una piazza del centro, presi come sono con questo gioco sui loro telefoni. In certi posti del mondo i giovani con POKEMON GO provocano incidenti per la distrazione con cui camminano fissati sul display del telefono. Certo, quello che fanno non è cattivo ma non rende, può dare fastidio agli altri e non edifica la persona nemmeno.
      
          Se San Bernardo fosse nel mondo di oggi, credo che egli provocherebbe delle controversie attorno alla sua persona lottando contro cose come POKEMON GO, predicando in modo inequivoco, non solo per condannare lo spreco di tempo, ma per insegnare con passione e in senso costruttivo come vivere con Dio al centro della nostra vita quotidiana. Ai suoi tempi, l’establishment fuori e dentro la Chiesa aveva poca comprensione per la sua riforma dei cistercensi, che con la sua austerità di vita nei monasteri della riforma, con più lavoro per i monaci e più tempo per pregare e per la lettura, portando vestiti rozzi, e con meno da mangiare, la sua riforma non sembrava a loro altro che una critica della loro modo di vivere, non solo dei religiosi e ma anche dei laici del tempo. A loro la riforma di San Bernardo sembrava una cosa esagerata.

Si può dire che i grandi del tempo di Bernardo erano colpevoli di mediocrità verso se stessi e la propria dignità e verso Dio in Cristo. Non accettavano, come molti oggi non accettano la saggezza dei grandi direttori spirituali di tutti i tempi, l’insegnamento che la rassegnazione al mediocre risulta in una vita statica o monotona, con il rischio di peggio, cioè di peccato e della perdita della nostra dignità umana voluta da Dio. La nostra vita dev’essere in Dio, dev’essere una corsa verso Dio, dev’essere una salita verso l’eterno. Abbiamo detto che il più grande complimento che possiamo dare a San Bernardo è che egli ha fatto conoscere il nome di Dio. Vogliamo supplicare il buon Dio di aiutarci in questo senso.

Per l’intercessione di San Bernardo, chiediamo una nuova vitalità, nuovo slancio per la nostra parrocchia. Che possiamo, a casa, a lavoro, a scuola, a spasso, vivere intensamente in e con Dio! Che il nostro parroco ci farà sempre più intensamente conoscere il nome di Dio! Altro che mediocri, condannati a preoccuparci con un passatempo o con l’altro, che possiamo prendere volo per correre dopo Cristo nella compagnia di Sua Madre, la Beata Vergine Maria! Che in questo mondo possiamo provocare qualche controversia in bene!

“Padre giusto, il mondo non ti ha conosciuto, ma io ti ho conosciuto; questi sanno che tu mi hai mandato. E io ho fatto conoscere loro il tuo nome e lo farò conoscere, perché l'amore con il quale mi hai amato sia in essi e io in loro".

Sia lodato Gesù Cristo!

San Bernardo! Prega per noi!
 



mercoledì 26 luglio 2017

accendete una candela

Quanta ricchezza nel solo gesto di accendere una candela  

(possibilmente non elettrica...) 

in chiesa 

 



Quesito

La saluto. Volevo farle questa domanda. Io accendo qualche volta un cero in chiesa, ma il cero acceso, con la fiamma che si consuma, che significato ha? Mi scusi per la mia ignoranza. La saluto.
Stefano

Risposta del sacerdote

Caro Stefano, la candela accesa davanti a un’immagine sacra o anche davanti al SS. Sacramento ha diversi significati.

1. Il primo è quello di prolungare in qualche modo la propria preghiera davanti al Signore, alla Madonna o ai Santi.
Talvolta si va in Chiesa. Si desidererebbe starvi più a lungo, ma si deve uscire. In qualche maniera si incarica la candela di prendere il nostro posto.

2. Il secondo è quello di attestare pubblicamente la propria fede, lasciandone un segno tangibile davanti a tutti perché siano invogliati a fare altrettanto. Penso che questo sia un gesto gradito al Signore e senz’altro lo saprà ricompensare.

3. Il terzo è quello di ricevere una benedizione, una grazia, una protezione. L’accensione della candela è sempre accompagnata da un’offerta e con questa offerta ognuno avverte che la propria preghiera è accompagnata dai fatti, da una donazione, da un piccolo sacrificio personale in onore del Signore o della Madonna.
Senza l’offerta si ha la consapevolezza di non dare niente.
Sant’Agostino diceva che il digiuno dà le ali alla nostra preghiera e le dà la capacità di penetrare il cielo. L’offerta è come un piccolo digiuno perché ci si priva di qualcosa per darla al Signore.
Possiamo essere certi che il Signore non si limita a guardare il bel gesto e a compiacersene, ma lo voglia rimunerare come sa fare Lui.
E forse tu stesso avrai notato che in questa gara di generosità vince sempre il Signore, per fortuna nostra. Ed è questo forse il motivo segreto che spinge la gente ad accendere la candela.
Sa che accendere la candela è un atto di amore e sa di essere benedetta.

Continua dunque in questa bella pratica. Accendine per te e anche per le persone che ti sono care.
Ti saluto, ti ricordo al Signore e ti benedico.
 
Padre Angelo

lunedì 24 luglio 2017

per chiedere la pioggia

Orazione per impetrare la pioggia



Dio eterno ed onnipotente, che volando col vostro spirito sopra le acque, le faceste sorgenti di fecondità e ministre di vita, quindi imponeste loro di produrre i pesci, i rettili ed i volatili e, facendole scorrere in quattro fiumi, affidaste loro di bagnare tutta quanta la terra perché non mancasse mai di produrre il necessario all'umano sostentamento, guardate con occhio di compassione la miseria a cui tutto ha ridotto, e quella più terribile che ci minaccia, la siccità che ci affligge da tanto tempo. 

Nei campi polverosi già si disseccano i germi d'ogni ricchezza; 
nell'aria abbruciata si addensano i più malefici influssi; 
negli armenti costretti a cibarsi di non convenevole nutrimento è imminente il contagio più desolante; 
nei nostri corpi, privati della salute, si insinuano i principi dei morbi; 
le città e i paesi sono nello spavento. 

Ascoltate, o Signore, i gemiti di tanti innocenti che non hanno mai provocata la vostra collera, e i sospiri dei poveri peccatori che, sinceramente aborrendo i propri peccati, vi scongiurano di sospendere quei flagelli che conoscono di aver meritato. 

Come con lo scoprimento di ignota fonte salvaste Agar ed Ismaele già agonizzate per la sete, con una perenne fontana fatta scaturire dai macigni consolaste Israele pellegrinante sotto Mosè nel deserto e, con la pioggia più abbondante, liberaste dagli orrori della fame tutta la Samaria ai tempi di Elia, consolate noi tutti, adesso, col coprire di nubi benefiche il nostro cielo, e fate ch'esse diffondano sui nostri campi le sospirate acque ristoratrici. 

Per i meriti di Colui che si chiama 'Fontana di acqua viva', Cristo Gesù, accordateci senza ritardo una grazia tanto importante, onde, liberati da quel flagello che ne travaglia al presente e ne minaccia di peggio in futuro, non abbiamo altra fame ed altra sete che quella della giustizia, che sarà da voi saziata con le delizie perpetue del Paradiso. 

Pater. Ave. Gloria.

Oremus. Deus, in quo vivimus, movemur et sumus: pluviam nobis tribue congruentem; ut, praesentibus subsidiis sufficienter adiuti, sempiterna fiducialius appetamus. Per Dominum nostrum Iesum Christum Filium tuum, qui tecum vivit et regnat in unitate Spiritus Sancti Deus, per omnia saecula saeculorum. Amen.

(Mons. Giuseppe Riva, Manuale di Filotea, Bertarelli, Milano 1901)

domenica 23 luglio 2017

Vespri pontificali


domradio.de übertrug am Samstag, 22. Juli 2017, im Internet die Pontifikalvesper zur feierlichen Eröffnung des Libori-Festes aus dem Paderborner Dom. Es singt der Paderborner Domchor unter der Leitung von Domkapellmeister Thomas Berning. An der Orgel: Domorganist Tobias Aehlig

lunedì 17 luglio 2017

Benedetto XVI, modello di vita sacerdotale

Introibo ad Altare Dei: foto dell’Ordinazione Sacerdotale di P. Aleksander Sebastian Iwaszczonek C.R.

 

  

Come preannunziato su questo blog, la scorsa domenica 16 luglio, festa della Madonna del Carmine, nella Basilica di San Paolo Maggiore in Napoli, S.E.Rev.ma mons. Georg Gaenswein, Prefetto della Casa Pontificia e Segretario particolare di Benedetto XVI, ha conferito l’ordinazione sacerdotale a P. Aleksander Sebastian Iwaszczonek, Chierico Regolare Teatino.
 
Mons. Gaenswein ha tenuto una splendida omelia sulla figura del Sacerdote e la sua missione, nella quale non era difficile cogliere citazioni e spunti ratzingeriani, dall’omelia del 6 gennaio 2013 nella Basilica Vaticana in occasione dell’Ordinazione Episcopale dello stesso presule tedesco, fino al recentissimo messaggio commemorativo del compianto Card. Joachim Meisner. La “presenza” di Benedetto XVI era particolarmente evidente nello stile liturgico della celebrazione, tipicamente benedettiano, con il Crocifisso al centro dell’Altare attorniato dai 6 candelieri, il decoro e la dignità dei canti, molti dei quali tratti dal repertorio gregoriano, lo splendore degli arredi sacri, il tutto nella magnifica cornice della Basilica di San Paolo Maggiore.


Particolarmente toccante è stato il breve discorso che il novello Sacerdote, prima della Benedizione finale, ha rivolto ai presenti: ripercorrendo le tappe del suo cammino verso il Sacerdozio, versando lacrime di profonda commozione, ha sottolineato più volte l’importanza determinante per la sua vocazione e la sua formazione umana e religiosa esercitato dalla figura e dall’alto magistero di Papa Benedetto XVI, nel quale riconosce il suo modello di vita sacerdotale.
Nella mattinata di lunedì 17 luglio, nella Cappella di Sant’Andrea Avellino, Padre Aleksander ha coronato il sogno della sua vita offrendo per la prima volta il Santo Sacrificio della Messa secondo l’usus antiquior del Rito Romano, alla presenza dei suoi parenti ed amici più intimi.

Rendiamo grazie alla Santissima Trinità per il dono di Padre Aleksander, del suo Sacerdozio e per il dono del Pontificato di Benedetto XVI.
Pubblico alcune foto dell’Ordinazione. Seguiranno quelle della prima Messa.

Soli Deo Gloria!













 
Mons. Gaenswein e Don Giorgio Lenzi IBP


https://messatridentinanapoli.wordpress.com/2017/07/18/introibo-ad-altare-dei-foto-dellordinazione-sacerdotale-di-p-aleksander-sebastian-iwaszczonek-c-r/

mercoledì 12 luglio 2017

il volto è l’espressione del cuore

Il cardinale Meisner, Fatima, il rosario. E quella venerazione per Mindszenty 

 

Il  5 luglio oltre a Joaquín Navarro-Valls ci ha lasciati un altro Gioacchino: il cardinale Joachim Meisner, arcivescovo di Colonia. Un grande pastore che ha sempre difeso la fede e la Chiesa, fino alla decisione, presa con i confratelli C. Caffarra, W. Brandmüller e R. Burke, di manifestare al papa i suoi «dubia».

La morte l’ha colto nel sonno, con il breviario in mano, mentre pregava per prepararsi alla messa del mattino successivo e dopo una telefonata con il cardinale G. Müller, pochi giorni prima allontanato dall’incarico di prefetto della Congregazione per la dottrina della fede.

Per capire meglio il cardinale Meisner e tracciare un suo profilo è utile l’articolo «Cardinal Meisner’s Witness Concerning Fatima and the Dubia», scritto da Maike Hickson per il sito «onepeterfive», nel quale, fra l’altro, si rivela quanto riferito da un amico del cardinale, Michael Hesemann, storico della Chiesa tedesca.

In una lettera del 29 dicembre 2016 Meisner scrisse a Hesemann: «Viviamo in un periodo di confusione, non solo nella società, ma anche nella Chiesa». E poi, quasi come spiegazione sottintesa della sua decisione di rivolgersi al papa esprimendo i dubbia, aggiunse: «Il pastore è scelto da Cristo al fine di preservare il gregge dall’errore e dalla confusione».

Meisner, che incontrò più volte la veggente suor Lucia, in quella lettera parlò anche del messaggio di Fatima, esprimendo la speranza che la Madre di Dio non ci lasci in preda alla confusione e al peccato in questo nostro tempo nel quale, avendo perduto la memoria della creazione, non sappiamo più chi è l’uomo. Parole che hanno il sapore del testamento spirituale da parte di un pastore che soffrì molto a causa di attacchi ingiusti da parte della cultura laicista ma anche dei settori modernisti della Chiesa.

Di Meisner occorre ricordare poi il contributo, forse decisivo, nel conclave del 2005, per l’elezione di J. Ratzinger, un’esperienza che il cardinale, pur mantenendo il segreto, ricordava affermando di non aver mai combattuto tanto nel corso della sua vita.

Nato a Breslavia (Breslau per i tedeschi, Wrocław per i polacchi) nel giorno di Natale del 1933, Joachim Meisner nel 1945 fu costretto a fuggire con la mamma e i fratelli (il padre fu ucciso sul fronte russo in quello stesso anno) dinnanzi all’avanzata dell’armata sovietica e si rifugiò in Turingia, a Erfurt, dove per quarant’anni visse poi sotto il regime comunista della Repubblica Democratica Tedesca.

Dei giorni della fuga Meisner ricordava la fede indomita della mamma, che un giorno, del tutto priva di mezzi per garantire un pasto e un tetto ai figli, tirò fuori il rosario, si mise a pregare (recitò per tre volte una preghiera mariana tedesca, «Hilf Maria, jetzt ist Zeit») e si disse certa che l’aiuto sarebbe arrivato dalla Madonna. Cosa che in effetti avvenne, quando la famiglia fu invitata in casa da un uomo che aveva assistito alla scena.

Sotto la DDR (Deutsche Demokratische Republik) – questo un altro ricordo di Meisner – era impossibile anche solo accennare a Fatima, perché qualsiasi riferimento alle apparizioni, caratterizzate dalla richiesta di consacrare la Russia al Cuore immacolato di Maria, era considerato propaganda anticomunista e come tale veniva punito. Ma naturalmente i divieti non fecero che rinforzare nel futuro cardinale la devozione per la Madonna di Fatima, un luogo, spiegava Meisner, nel quale Nostra Signora ha creato una testa di ponte fra terra e cielo.

Dopo l’attentato del 1981 Giovanni Paolo II chiese a Meisner di celebrare una messa a Fatima, e l’arcivescovo di Colonia lo fece nel 1990, ringraziando Maria non solo per aver salvato la vita del papa ma anche per il crollo dell’impero sovietico.
«Come arma contro l’ateismo la Madre di Dio ci ha dato la preghiera, ma specialmente la preghiera del rosario», diceva Meisner, che conservava un ricordo molto vivido di un episodio avvenuto a Erfurt, nel 1975, quando  un gruppo di turisti provenienti dal Kazakistan (allora nell’Unione Sovietica), rivelatisi come cattolici, gli dissero: «Da trent’anni non andiamo a messa e abbiamo tanta nostalgia della Chiesa!». Meisner ricordava in particolare la domanda che gli fece uno di quei cattolici: «Mi potrebbe dire quali dottrine di fede dobbiamo trasmettere ai nostri figli e nipoti così che essi possano ottenere la vita eterna?».

«Non mi era mai stata posta – diceva il cardinale – una domanda altrettanto importante, e nessuno me la fece più in futuro». A quell’uomo l’allora vescovo di Erfurt rispose che avrebbe dato a lui e ai suoi compagni la Bibbia e il Catechismo, ma l’ospite gli fece cortesemente notare che in un paese dell’Unione Sovietica non era permesso possedere quei libri. Allora il vescovo disse che gli avrebbe dato un rosario e quando l’uomo chiese il perché, Meisner rispose che lì c’è tutto quel che occorre: «Tutta la fede cattolica in una sola mano!», come esclamò, pieno di sorpresa e gratitudine, quel suo interlocutore.

Circa la sua morte, Meisner diceva: «Quando sarò morto, i canonici verranno e mi toglieranno l’anello, ma nel testamento ho scritto che dovranno lasciarmi il mio rosario! Voglio che sia messo nella bara, così che lo possa mostrare alla Madre di Dio e Lei possa mostrarmi, dopo questo esilio, Gesù, il frutto benedetto della sua vita!».

La vicenda umana di Joachim Meisner si può riassumere con due parole: fede e coraggio. Una combinazione che gli fece guadagnare il rispetto di molti, anche da parte degli avversari, come nel caso di una nota femminista tedesca, Alice Schwarzer, che alla morte del cardinale ha detto «Sì, mi è piaciuto» ed ha rivelato che durante il loro ultimo incontro, un anno fa, Meisner le regalò una preghiera di santa Teresa d’Avila.

Per completare il profilo di Joachim Meisner occorre poi parlare della sua speciale venerazione per il cardinale Jozef Mindszenty, il grande arcivescovo ungherese che resistette al comunismo. Nel maggio di quest’anno, durante un’omelia a Budapest,  Meisner raccontò che aveva solo tredici anni quando, vedendo un quadro raffigurante Mindszenty sotto accusa davanti a un tribunale comunista, restò molto colpito da quell’immagine, perché gli fece pensare a Gesù accusato ingiustamente dal sinedrio. Quel ritratto dell’indomito cardinale ungherese fu così importante che lo volle appendere nella sua camera da letto e da allora, disse durante l’omelia, «ho sempre rivolto uno sguardo a Mindszenty prima di addormentarmi e al risveglio».

In effetti  il primate d’Ungheria fu per Meisner «il modello di vescovo, ed è per questo che in me è cresciuto il desiderio di essere come lui, un testimone di Cristo che ha il coraggio di resistere ai potenti di questo mondo».

L’immagine di Mindszenty davanti al tribunale era conservata da Meisner anche nel suo breviario, lo stesso che aveva tra le mani il 5 luglio scorso, quando la morte l’ha colto nel sonno a Bad Füssing. «Quando i vescovi non sono più confessori della fede – diceva –  il popolo di Dio non è in una buona situazione».

Il 4 aprile 2005, prima del conclave, il cardinale Meisner insieme all’amico Paul Badde, che ha rivelato l’episodio, andò a Manoppello per vedere il Volto Santo e ne restò profondamente toccato, tanto che nel libro degli ospiti scrisse:  «Il volto è l’espressione del cuore. Sul Volto Santo il Cuore di Dio diventa visibile. Joachim Card. Meisner, Arcivescovo di Colonia, Pax Vobis!».

Aldo Maria Valli

martedì 11 luglio 2017

chiesa in dialogo

AZIONE, NON DIALOGO.

  Tutta la Rivoluzione, scoppiata in questi decenni in casa cattolica, è avvenuta in nome del dialogo. La "nuova chiesa" si è concepita in contrapposizione alla Chiesa "di sempre" proprio in nome del dialogo: ti dicono che la Chiesa prima del Concilio era una chiesa in difesa, mentre ora la Chiesa ha capito che bisogna aprirsi, aprirsi in un dialogo continuo con il mondo.

  In nome di questo dialogo si è anche preteso il cambiamento della Messa: la Messa di prima, nella sua sacralità, sarebbe la Messa di una Cristianità in “difensiva”, preoccupata di distinguersi dal mondo; la "nuova messa" sarebbe, invece, la messa di un cristianesimo in “dialogo”, lievito nascosto nella pasta del mondo.

  Ciò che occorre capire è che si è cambiato la messa per cambiare il cristianesimo, questo è il punto!

  Avevano già deciso, in tanti e da tempo, di far fare un “balzo in avanti” alla Chiesa cattolica, di renderla più duttile al mondo, ma con la "Messa di sempre" questa operazione non si sarebbe potuta realizzare compiutamente. La "Messa di sempre" sarebbe stata l'antidoto contro questa poderosa "falsificazione" della Chiesa romana in senso liberal-protestante. Allora hanno organizzato l'abbattimento del bastione: una messa nuova per una nuova stagione della Chiesa di Roma.

  Occorre proprio capire questo, perché la reazione sia proporzionata e ordinata: non si può pensare ad un risanamento della Chiesa senza prima operare una riflessione su tutto ciò.

  Occorre decidersi: Messa o dialogo.

  Cos'è la messa del dialogo? È la messa dove prevale la parola sull'azione.

  Per fare un cristianesimo in dialogo continuo con tutto e con tutti ... in dialogo soprattutto con il mondo moderno, dove tutto è opinione e mai certezza perché per la modernità la verità non esiste ... hanno reso la messa un continuo colloquio, un parlare-parlare estenuante, un tradurre-tradurre frenetico; un botta e risposta incessante tra prete e fedeli.

  Una messa così fa un cristianesimo che è parola, che è discorso, ma che non è azione! Ma che se ne fa un uomo, dentro l'azione drammatica della vita, di un cristianesimo ridotto a discorso?
  Sta proprio qui l'esito tragico di una chiesa ammodernata nel dialogo: l'insignificanza per il mondo. La chiesa si è trasformata in dialogo con il mondo, ma gli uomini, dentro l'azione drammatica della vita, hanno abbandonato una chiesa che non è azione ma discorso.

  Al centro del Cristianesimo, al cuore del Vangelo, invece, non c'è un discorso, ma un'azione: l'azione di Gesù Cristo che salva gli uomini con il sacrificio della Croce. Dio diventa uomo, muore per noi, paga il prezzo dei nostri peccati, perché siamo salvi. I discorsi di Gesù, i suoi miracoli, sono una preparazione all'azione per eccellenza: la nostra redenzione operata al Calvario.

  Incarnazione-Passione e Morte: ecco l'azione.

  Ed ecco perché la Messa "di sempre", quella della Tradizione, è Azione e non discorso.

  Certo, c'è la Parola di Dio, l'Epistola e il Vangelo, ma non prevalgono sul centro della messa, che è il Canone, dove avviene l'Azione, cioè il Sacrificio. Questo è il cuore della messa, e in questo cuore tutto diventa silenzioso: il prete pronuncia sottovoce le parole che fanno l'azione, perché sia evidente che di azione si tratta e non di dialogo.

  Così, con la messa di sempre si evita la più grande falsificazione del cristianesimo operata nella storia: l'annullamento dell'azione divina in parola-discorso umano. Per questo possiamo dire che la Messa "della Tradizione" custodisce il cuore del cristianesimo autentico.

  Ma c'è qualcosa di più, pensiamo di poterlo dire: la Messa vera corrisponde alla verità della vita.

  La vita, azione drammatica perché è in gioco la libertà dell'uomo dentro la lotta tra il bene e il male, tra Dio e il mondo, tra la Luce e le tenebre, ha bisogno di un'azione che salva e non innanzitutto di un discorso che spiega.

  Per questo il mondo, anche quello moderno, ha bisogno della Messa "della Tradizione", dove l'azione prevale potentemente sul discorso.

  L'uomo di tutti i tempi, impegnato nella lotta della vita, ha bisogno dell'azione di Dio e non di una mera spiegazione.

  La Chiesa del dialogo, che vuole con una spicciola psicologia religiosa illuminare qualcosa della vita degli uomini, è una chiesa inconcludente, manca di azione; non può fare un mondo nuovo perché si è annegato l'azione di Cristo nelle sue interpretazioni.

  Ed è per questo che il mondo si è già stancato di lei.

lunedì 10 luglio 2017

particole D.O.C.

 
Città del Vaticano
Dalla birra al posto del vino, all’ostia «consacrata» con una spolverata di miele o con un po’ di zucchero per renderla più gustosa e meno insapore, si registrano le «leggerezze» più disparate nella celebrazione della messa. Ma ora la Chiesa dice basta agli abusi liturgici. Controllare la provenienza e la qualità del pane e vino utilizzati nella Celebrazione: devono essere «doc». Verificare inoltre l’onestà di chi li produce e il loro trattamento nei luoghi di vendita. Evitare dunque che nei supermercati finiscano alla buona negli scaffali magari con tanto di offerte speciali. Sono alcune delle indicazioni che il prefetto della Congregazione per il Culto Divino, il cardinal Robert Sarah, riporta «per incarico del Santo Padre Francesco» in una lettera ai vescovi.  

Il problema nasce dal fatto che se finora il compito di confezionare le ostie e il vino per la messa era affidato ad alcune comunità religiose, «oggi questi si vendono anche nei supermercati, in altri negozi e tramite internet». E allora il Cardinale dà precise disposizioni ai presuli di «dare indicazioni in merito», per esempio garantendo la materia eucaristica mediante appositi certificati. L’ordinario - sottolinea il Vaticano - è tenuto «a ricordare ai sacerdoti, in particolare ai parroci e ai rettori delle chiese, la loro responsabilità nel verificare chi provvede il pane e il vino per la celebrazione e l’idoneità nella materia».  


Poi nella lettera si ricordano le disposizioni già stabilite per la confezione del pane eucaristico, principalmente nella forma delle ostie: deve essere pane azzimo, «esclusivamente di frumento e preparato di recente, in modo che non ci sia alcun rischio di decomposizione». Non è ammessa l’aggiunta di zucchero, frutta o miele. Come anche non sono ammesse le ostie «completamente» prive di glutine. Sono invece «materia valida - ricorda la circolare del Dicastero presieduto dal cardinale Robert Sarah - le ostie parzialmente prive di glutine e tali che sia in esse presente una quantità di glutine sufficiente per ottenere la panificazione senza aggiunta di sostanze estranee e senza ricorrere a procedimenti tali da snaturare il pane». Sì anche alla «materia eucaristica confezionata con organismi geneticamente modificati». E «va da sé che le ostie devono essere confezionate da persone che non soltanto si distinguano per onestà, ma siano anche esperte nel prepararle e fornite di strumenti adeguati». 

Non si transige sul vino che non può essere sostituito da altre bevande: «Deve essere naturale, del frutto della vite, genuino, non alterato, né commisto a sostanze estranee», ricorda la circolare del Culto Divino che esorta a fare attenzione che «sia conservato in perfetto stato e non diventi aceto. È assolutamente vietato usare del vino, sulla cui genuinità e provenienza ci sia dubbio: la Chiesa esige, infatti, certezza rispetto alle condizioni necessarie per la validità dei sacramenti. Non si ammetta, poi, nessun pretesto a favore di altre bevande di qualsiasi genere, che non costituiscono materia valida».  

Per i sacerdoti che hanno avuto problemi di alcolismo, la messa deve essere celebrata col mosto e non col vino.  

Quanto al mosto, «il succo d’uva - ammonisce la circolare - sia fresco, sia conservato sospendendone la fermentazione tramite procedure che non ne alterino la natura (ad es. congelamento), è materia valida per l’Eucaristia».  

Sarah suggerisce che «una Conferenza episcopale possa incaricare una o più congregazioni religiose oppure un altro ente in grado, di compiere le necessarie verifiche sulla produzione, conservazione e vendita del pane e del vino per l’Eucaristia in un dato Paese e in altri paesi in cui vengono esportati». Si raccomanda «anche - conclude la lettera - che il pane e il vino destinati all’Eucaristia abbiano un conveniente trattamento nei luoghi di vendita». 

Spiega don Claudio Magnoli, nominato dal Papa consultore della Congregazione per il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti, responsabile del servizio per la pastorale liturgica dell’arcidiocesi di Milano: «Dopo il Concilio di Trento c’è stata, a livello teorico, una riflessione sull’opportunità di continuare a utilizzare il pane e del vino nella celebrazione dell’Eucaristia. Effettivamente, in alcune parti del mondo manca la materia prima, a volte si sostituisce il pane di frumento con altri tipi di cereali. Dopo svariate discussioni, la Chiesa ha stabilito che non si può cambiare la materia prima».  

Regole chiare, spiega don Magnoli, non tanto in nome di una imposizione: «Che negli anni si sia registrato qualche abuso è una oggettività. In Olanda, per esempio, risulta che qualche sacerdote abbia celebrato la messa con la birra al posto del vino. Gesù non ha dato un’impegnativa assoluta ma quella era la materia prima della tavola comune e quella deve rimanere. L’ostia potrà anche risultare un po’ insapore ma il sapore lo dà Gesù, ho sempre spiegato ai ragazzi».  

Abusi a parte, illustra ancora don Magnoli, «c’è anche una preoccupazione preventiva legata a chi produce la materia prima. Un po’ per la crisi di vocazioni di suore, che si sono sempre occupate della preparazione del pane per l’Eucaristia, un po’ per il fatto che in alcune parti del mondo c’è chi si affida ad aziende esterne, si è sentita la necessità di ricordare regole precise e giuste». 

E l’agricoltura italiana può offrire alla Chiesa la migliore qualità per una celebrazione eucaristica «Doc» con il primato conquistato in Europa per numero di vini con indicazione geografica (73 Docg, 332 Doc e 118 Igt), la leadership comunitaria con quasi 60mila imprese che coltivano biologico, ma anche la minor incidenza di prodotti agroalimentari con residui chimici fuori norma e la decisione di non coltivare organismi geneticamente modificati (Ogm) che trova concordi quasi 8 cittadini su dieci (76%). È quanto afferma la Coldiretti in riferimento all’invito a controllare la provenienza e la qualità del pane e vino utilizzati nella messa, l’onestà di chi li produce e il loro trattamento nei luoghi di vendita contenuto nella lettera ai vescovi di Sarah. L’agricoltura «italiana – conclude la Coldiretti - è diventata la più green d’Europa ed è responsabilizzata nel superare la crisi ecologica e nel difendere la relazione tra uomo e ambiente nel solco tracciato dall’Enciclica “Laudato si’” di papa Francesco».